Lavoro, i giovani lo cercano all’estero

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I giovani riscontrano sempre più difficoltà a trovare un lavoro e per questo molti di loro decidono di lasciare l’Italia verso altri Paesi capaci di garantire una realizzazione professionale

L’intelligenza artificiale non spaventa i giovani

Gli under 35 non temono l’intelligenza artificiale e ritengono che sia la fuga dei cervelli all’estero il problema più urgente. Nella ricerca di un lavoro, manca la possibilità di fare un’esperienza minima, la qual cosa induce molti a lasciare il Paese e a tentare la fortuna altrove.

Decisamente più positiva la percezione dell’AI (Artificial Intelligence), considerata dai giovani  il primo motore dell’innovazione e il principale megatrend della transizione ecologica e digitale. Questo è ciò che emerge dalla seconda edizione del Rapporto dell’Osservatorio su Innovazione e Digitale, “Giovani, innovazione e transizione digitale” promosso da ANGI – Associazione Nazionale Giovani Innovatori – Ricerche in collaborazione con Lab21.01.

Secondo l’analisi, presentata  nel corso dello Young Innovators Business Forum, per i giovani il futuro è nell’AI – lo sostiene il 20% di loro, contro il 10% degli italiani in generale – e questo segna un cambio di rotta rispetto alle generazioni precedenti che, al contrario, continuano a considerare dominanti altre tendenze come l’ecommerce – lo individua come megatrend del futuro il 10% degli italiani in generale contro il 3% degli under 35, gli smart places, quasi il 15% contro il 4% dei giovani, e l’entertainment, 15% contro il 12%.

Le parole di Roberto Baldassari

Per Roberto Baldassari, Direttore del Comitato Scientifico ANGI: “Appare evidente una divergenza generazionale nelle aspettative e nelle rappresentazioni del futuro del mercato. Ciò che ha significato un ponte per il futuro negli ultimi anni, per gli under 35 è ormai un asset della vita quotidiana. Su tutti, l’ecommerce, ad oggi integrato nel ciclo di vita dei prodotti e surclassato dalle nuove frontiere tecnologiche e digitali”.

Fuga dei cervelli, un problema per 9 giovani su 10

Ma le distanze significative fra giovani e generazioni successive non si fermano qui, anzi emergono con forza a partire da un tema centrale nel mondo del lavoro di oggi: costruire il proprio futuro professionale fuori dall’Italia. Gli under 35 non hanno dubbi, andare all’estero è sempre meno una scelta e sempre più una necessità: la fuga dei cervelli rappresenta un problema per il 90% dei giovani contro il 70% degli italiani.

La ricerca di un lavoro, mission impossible

I giovani incontrano sempre più difficoltà a trovare una occupazione, che è tra le cause principali della fuga di cervelli in altri paesi, dove si cercano occasioni per dimostrare e veder riconosciuto il proprio talento e valore aggiunto. L’indagine ha esplorato le ragioni degli ostacoli: secondo il 64,7% degli under 35, contro il 49,7% del campione totale, lo scoglio principale è dovuto alla richiesta di un’esperienza minima che i giovani non hanno ancora avuto occasione di costruire. A seguire, la scarsa propensione delle aziende ad assumere (54,1% e 55,7%), ma anche l’idea per cui un laureato sia troppo qualificato, che rappresenta un fattore rilevante per il 38,9% degli under 35 ma solo per il 19,4% del totale degli intervistati. Tra le cause non mancano nemmeno la saturazione dei settori d’interesse (21,4% e 11,2%) e le offerte poco gratificanti (21,2% e 21,6%).

I giovani non considerano il costo del lavoro

Le giovani generazioni hanno percezioni abbastanza simili rispetto alle cause che determinano difficoltà nel trovare un’occupazione in Italia. Per gli under 35, infatti, le maggiori problematiche sono: scarsità di risorse per avviare un’attività o un’impresa (49,7%), turn over occupazionali bloccati (43,5%), poca attitudine all’innovazione e al rischio (32,4%), ma anche poca comunicazione tra domanda e offerta di lavoro (28,6%) e troppa burocrazia (26,2%). E anche se con percentuali leggermente minori le stesse cause sono identificate dal campione generale. Ad emergere invece è la considerazione del costo del lavoro che rappresenta un problema per quasi il 25% degli italiani ma per solo l’8% degli under 35. Le percentuali tornano ad allinearsi su un tema che ha creato molto dibattito in questi ultimi mesi, il costo troppo alto degli affitti, che impedisce un trasferimento nelle città sede di lavoro (16,8 e 18,6%).

Formazione e lavoro, il ruolo delle università

Il momento dell’ingresso nel mondo del lavoro, freschi di diploma o di laurea, è una delle fasi più critiche del percorso. A chi spetta gettare un ponte tra la formazione e le aziende? Per gli under 35, questo è prima di tutto compito delle università (53,7% degli under 35 contro 41,3% del campione totale) e dello Stato (51,7%), che viene invece al primo posto se si considera il totale degli intervistati (53,9%). Al terzo posto le aziende, per il 40,8% dei giovani e il 39,1% del totale. Possono giocare un ruolo importante però anche le strutture di coordinamento tra domanda e offerta (15,9% e 19,7%), le associazioni di categoria (6,3% e 11,6%) e gli enti locali (6,2% e 12,7%).

Il futuro è negli investimenti tecnologici

Un fattore importante di sviluppo del mercato è quello dell’innovazione, che insieme alla sostenibilità rappresenta uno dei fronti principali per assicurare un futuro ai giovani e al paese. Dall’indagine emerge una forbice nella valutazione di quelli che sono i principali elementi d’innovazione di un’azienda: gli under 35 mettono al primo posto investimenti in strumenti, macchinari e tecnologie all’avanguardia (36,2% contro 25,7% del totale), e di seguito un gruppo dirigenziale giovane (28,7% vs 23,2%) e la conoscenza degli strumenti digitali (21,4%), diversamente dal campione generale che concorda solo per il 6,7%. Lo stesso divario si osserva rispetto all’apertura a nuove forme di commercio e di contatto col cliente finale, fondamentale per il 23,4% del totale ma appena per il 2,3% dei giovani. In maniera analoga, la capacità di usare in modo nuovo vecchi strumenti, macchinari e tecnologie è importante per l’8,1% del totale e solo per il 2,9% dei giovani lavoratori. Sono poi menzionati anche presenza sui social network e presenza di molti giovani tra i dipendenti.

Fonte: Agi

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