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L’apertura del Papa ai “viri probati”

Il calo delle vocazioni sacerdotali è senza dubbio una delle preoccupazioni di Papa Francesco che nell’ultima intervista concessa al settimanale tedesco Die Zeit affronta la spinosa questione. Prima di tutto ribadendo che non è minimamente in discussione una revisione del celibato obbligatorio dei preti. Ma aprendo a una prudente riflessione sui “viri probati”. Di cosa si tratta? Di uomini sposati, di una certa età e di provata fede e condotta morale, che in circostanze eccezionali potrebbero essere ordinati sacerdoti. Ma il celibato non si tocca. Lo stesso Francesco ha detto più volte che il matrimonio non gli è mai passato per la testa. Molti sostengono che consentire le nozze contribuirebbe a risolvere la crisi di vocazioni. Secondo il S. Padre, però, non è questa la soluzione: “Il Signore ci ha detto: ‘Pregate’ – ha affermato nell’intervista al periodico tedesco – E’ questo che manca, la preghiera. E manca il lavoro con i giovani che cercano orientamento”. Un lavoro ‘difficile’, ma ‘necessario’, perché i giovani lo chiedono”. Tuttavia il Papa ha ammesso che bisogna “riflettere se i viri probati siano una possibilità” ed eventualmente su quali funzioni “possano assumere, ad esempio in comunità isolate”.

La questione dei viri probati venne sollevata all’inizio del pontificato di Bergoglio dal vescovo di origine austriaca Erwin Kraütler, a capo della prelatura di Xingu, la più vasta del Brasile. Il prelato emerito (nel 2015 gli è subentrato il francescano João Muniz Alves) si lamentava delle condizioni pastorali della sua gente: oltre 700.000 fedeli, 800 comunità e appena 27 sacerdoti. In tali circostanze c’era (e c’è) l’impossibilità materiale di amministrare con continuità i sacramenti, celebrare l’Eucarestia, seguire le persone. Quella dei diaconi permanenti, che si possono sposare, è una soluzione solo parziale, perché possono aiutare nell’assistenza spirituale ma non possono ovviamente celebrare la Messa. Ecco allora che si fa avanti l’ipotesi di valutare la possibilità di percorrere la strada dei viri probati.

In effetti quello del celibato non è un dogma ma una disciplina canonica, con l’obbligo stabilito solo dopo il 1100. Lo ha ricordato lo stesso Pontefice che tuttavia ha ribadito “il peso” e “la validità” di una tradizione millenaria. E questo dovrebbe chiudere ogni discussione strumentale, anche se non mancano le dovute eccezioni. Ad esempio quella dei pastori sposati che si convertono alla Chiesa cattolica, come nel caso degli anglicani, la cui posizione è regolata dalla costituzione apostolica “Anglicanorum coetibus” firmata da Benedetto XVI nel 2009. Oppure quella dei sacerdoti di rito orientale in comunione con Roma. Nelle chiese orientali, infatti, si possono ordinare seminaristi già sposati ma non si possono sposare quanti sono stati già ordinati sacerdoti. La questione, come c’era da aspettarsi, ha sollevato grande clamore. Tra le prime reazioni c’è stata quella del cardinale di Monaco Reinhard Marx, presidente dei vescovi tedeschi, secondo cui il contributo del Papa è un “impulso prezioso”.

Va però ribadito che sul celibato il Papa è stato chiaro e le sue parole sono inequivocabili: la disciplina attuale non si cambia. L’apertura ai viri probati non può essere intesa in tal senso ma solo come una riflessione con una possibile risposta eccezionale a esigenze pastorali eccezionali.

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