Rinviato a data da destinarsi il voto in aula del liberticida progetto di legge sull’omotransfobia, che rischia di colpire penalmente le opinioni personali sui temi di bioetica e il diritto naturale. Poco prima c’era stata l’alzata di scudi di tutti i gruppi pro family che avevano contestato l’annullamento delle audizioni in commissione giustizia. In pratica la maggioranza di governo voleva votare la misura nelle aule parlamentari senza prima aver permesso alla società civile di esprimere le opportune valutazioni su un decreto controverso e da molti criticato. Poi è arrivato il rinvio completo di tutto l’esame del testo.
Al momento il presidente del Family Day Massimo Gandolfini, riferisce ad In Terris che non è stato stabilito se riprenderanno anche le audizioni ma l’auspicio è che finita l’emergenza si dia modo a medici, giornalisti, giuristi e semplici attivisti di mettere in luce i punti discutibili di “una legge che va a creare un cittadino iper-tutelato in virtù del suo orientamento sessuale e alla quale si affida un pesante compito pedagogico, minacciando pene per coloro che non abbracciano tutte le rivendicazioni dei movimenti Lgbt”. Nelle prossime settimane sapremo dirvi come si evolverà il percorso del provvedimento di legge.
Intanto la Santa Sede ha criticato fortemente un rapporto sulla libertà religiosa emesso dal consiglio Onu dei diritti umani con sede Ginevra. Il testo prodotto dalle Nazioni Unite propone che le autorità internazionali spingano per un cambio di dottrina della fedi in favore dei diritti LGBT. Vengono inoltre stigmatizzati anche quegli Stati in cui si è voluto mettere in Costituzione che l’istituto del matrimonio è da intendersi esclusivamente tra un uomo e una donna.
Un rapporto quindi irricevibile per la Chiesa cattolica, che ha sempre attuato una concreta accoglienza e prossimità a tutte le persone di qualsiasi orientamento, senza mai mettere però in discussione i fondamenti dell’antropologia umana e lo stesso insegnamento della dottrina cattolica che riconosce nel matrimonio tra uomo e donna, e aperto alla filiazione, il cardine di ogni comunità.
La Santa Sede che è presente come osservatore permanente al consiglio di Ginevra ha chiarito che il rapporto si configura come “un attacco alla libertà religiosa”. L’arcivescovo Ivan Jurkovič, osservatore della Santa Sede all’Onu, ha espresso sconcerto, sottolineando che “sono particolarmente inaccettabili e offensivi i numerosi riferimenti che raccomandano che la libertà di religione o credo e l’obiezione di coscienza debba essere sottomessa alla promozione di altri cosiddetti diritti umani”.
Questi diritti umani – nota ancora la risposta della Santa Sede ripresa dall’agenzia cattolica Aci Stampa – non hanno avuto consenso, e sono piuttosto una sorta di “colonizzazione ideologica” da parte di “alcuni Stati e istituzioni internazionali”. L’arcivescovo Jurkovic ha sottolineato poi il paradosso di un rapporto che “almeno in parte, è in realtà un attacco alla libertà di religione e di credo, così come alla libertà di coscienza”.
Di fatto quello che doveva essere un rapporto sulla libertà religiosa sembra “focalizzarsi meno sulla persecuzione di uomini donne, di ogni fede o credo personale, che sono perseguitati e discriminati”, mentre si concentra più “sullo spingere una visione della società umana che non è condivisa da tutti e che non riflette la realtà sociale, culturale e religiosa di molte persona”.
Sempre l’arcivescovo Jurkovic ha poi affermato che “pesa ripetere che la Santa Sede ha sempre considerato la parola ‘gender’ e i termini ad esso correlati solo secondo l’uso ordinario e generalmente accettato della parola”, ovvero basato sulla identità biologica maschile o femminile. Mons. Jurkovic nota inoltre che è “piuttosto spiacevole, sebbene sempre meno sorprendente data la frequenza in cui accade, che un rapporto delle Nazioni Unite, che dovrebbe difendere il diritto umano universale della libertà di religione e di credo come il diritto all’obiezione di coscienza, stia ora attaccando la stessa realtà che sta cercando di difendere”.
Infine il presule fa osservare che ad un anno dalla Dichiarazione sulla Fraternità Umana firmata da Papa Francesco e dal Grande Imam di al Azhar il 4 febbraio 2019, “il rapporto non fa alcuna menzione degli sforzi fatti dai leaders religiosi di intervenire appena possibile per fermare la diffusione di sangue innocente e porre fine alle guerre”. La Chiesa resta dunque vigile contro i tentativi di introdurre quelle che Papa Francesco in questi anni ha definito “colonizzazioni ideologiche”, “uno sbaglio della mente umana che fa tanta confusione” e “una guerra mondiale contro il matrimonio”.