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LA GIUSTIZIA COME STILE DI VITA

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A lui sono state affidate indagini delicate sulla criminalità organizzata, reati contro la pubblica amministrazione, appalti nella sanità ionica e il suicidio di Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile di Via Poma dove fu assassinata Simonetta Cesaroni; si è occupato del caso Ilva, ed è uno dei giovani togati più attivi e stimati in Italia. Si tratta di Maurizio Carbone, originario di Napoli e dal luglio del ’94 in magistratura; attualmente è sostituto procuratore a Taranto, e ricopre l’incarico di Segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati (Anm).

Quando si è accorto che la giustizia entrava nella sua vita?
“Ho avuto un’educazione adeguatamente e giustamente rigorosa. Sono figlio di insegnanti; in particolare mia madre svolgeva questo doppio ruolo di mamma ed educatrice. Da subito mi hanno insegnato principi di giustizia, il rispetto delle regole. Poi ricordo che fui molto impressionato quando ero ragazzo dallo sceneggiato La Piovra, in particolare dalla figura del commissario Cattani. Poi ci fu la strage di Bologna, nell’agosto del 1980, mi colpì; era un periodo difficile, e in me crebbe il desiderio di Giustizia, la volontà un domani di contribuire all’individuazione dei responsabili di crimini così gravi”.

L’Europa ci bacchetta per la lentezza dei processi. Di contro ci premia nelle statistiche riguardanti la produttività dei magistrati. Ci spiega questo paradosso?
“Questi dati a cui lei fa giustamente riferimento fotografano una situazione per la quale in Italia abbiamo il processo più lungo d’Europa e allo stesso tempo i dati della Commissione Ue pongono i magistrati italiani al primo posto per la produttività nel settore Penale e al secondo per quanto riguarda lo smaltimento dei procedimenti civili. Questo secondo me dimostra che c’è un eccesso di domanda. I motivi possono essere tanti, uno dei quali ad esempio è l’elevato numero di avvocati che incentivano il ricorso al processo. Il tutto con meccanismi processuali troppo spesso farraginosi, con strategie di tipo dilatorio che vengono messe in essere soprattutto nel processo penale, conseguenza anche di un regime della prescrizione che noi da tempo come Anm critichiamo. La prescrizione ha un senso nella misura in cui lo Stato decorso un certo periodo di tempo dalla commissione del reato non ha più interesse a punire quel fatto; ma tutto ciò viene meno quando attraverso la richiesta di rinvio a giudizio esercita l’azione penale; in quel momento testimonia la propria attenzione; noi riteniamo che in quel momento la prescrizione vada interrotta e debba dunque re-iniziare quando comincia il processo”.

Ci spiega meglio la tempistica oggi in vigore e perché è penalizzante?
“Ipotizziamo: se io oggi inizio a indagare per fatti commessi tre anni fa, e il termine di prescrizione è di sette anni, significa che mi restano quattro anni per fare indagini e tre gradi di giudizio. Praticamente impossibile”.

A che punto siamo col fenomeno della corruzione?
“E’ dilagante nel nostro Paese. Le indagini della magistratura scoprono sempre nuovi filoni; l’Europa da tempo chiede all’Italia un intervento serio su questo fronte, per dotare la magistratura di strumenti più efficaci. In questi anni in realtà si è visto come ci sia stata una tendenza esattamente contraria; proprio per i reati di corruzione sono stati dimezzati i tempi di prescrizione”.

I magistrati sono inseriti in un contesto sociale dal quale ovviamente non potete prescindere; non ritiene che anche per voi esista il rischio di corruzione?
“Non siamo immuni assolutamente, tanto è vero che fenomeni di corruzione anche all’interno della magistratura se ne sono registrati. Quando viene coinvolto in indagini di questo tipo un collega è un fatto gravissimo; per fortuna – ma non per caso – sono episodi assolutamente sporadici e circoscritti. E comunque il nostro operato è sottoposto a controlli incrociati costanti: io sono un pubblico ministero, e il mio lavoro è esaminato dagli avvocati, dal giudice per le indagini preliminari e successivamente viene sottoposto al vaglio dei gradi di giudizio”.

Molti politici si lamentano del fatto che la giustizia amministrativa spesso allarghi le proprie competenze fino a incidere sul governo dei territori; di contro la magistratura ha un fronte aperto con la politica sul tema dell’indipendenza. Non le sembra un cortocircuito?
Rientriamo nella problematica dell’equilibrio e della giusta separazione dei poteri. L’autonomia e l’indipendenza della magistratura è un valore costituzionale, non un privilegio come a volte si tende a far credere, ed è posto a tutela dei cittadini per permetterne l’uguaglianza davanti alla Legge. A volte è fisiologico che in questo difficile equilibrio possano esserci dei condizionamenti che vengono esercitati, e l’Anm ha tra i suoi compiti principali proprio quello di garantire la serenità di azione dei giudici. C’è poi il discorso della cosiddetta supplenza della magistratura rispetto alla politica; questo alla lunga sicuramente è sbagliato, ma molto spesso accade quando la stessa politica è carente se non omissiva. Il caso dell’Ilva ne è un esempio lampante”.

Come si diventa Segretario nazionale dell’Anm?
La mia nomina rappresenta nel suo piccolo una vicenda senza precedenti. Sono il primo segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati che non è iscritto a nessuna corrente. Ho lavorato e vissuto in una zona periferica come può essere Taranto; con alcuni amici e colleghi ci siamo occupati dell’organizzazione degli uffici, ci siamo dati da fare per migliorare le condizioni di lavoro del nostro Tribunale, abbiamo iniziato attività sociali aperte al pubblico, con le scolaresche, con le università. Questa vitalità ha coinvolto altri magistrati tanto da ricevere la nomina di presidente della sezione di Taranto dell’Anm. Le correnti più di sinistra da alcuni anni hanno iniziato un percorso, che si chiama Area, che ha coinvolto anche colleghi non iscritti; mi hanno chiesto una disponibilità a una candidatura, e sono stato eletto. Poi in sede di Comitato direttivo, proprio come rappresentante di questo nuovo fermento associativo, sono stato nominato – inaspettatamente per me – Segretario generale. Un percorso anomalo rispetto al passato”. E – aggiungiamo noi – di speranza per l’intera categoria.

Angelo Perfetti: