Primo piano

La fine dei Giochi: il coronavirus sposta l’asse Olimpico

Per qualcuno significherà rimandare di un anno. Per altri, forse, l’attesa potrebbe prolungarsi più del previsto. Di sicuro, lo slittamento delle Olimpiadi di Tokyo costituisce un unicum nella storia dei Giochi, che apre un precedente importante. Perché che fossero rimandati era già accaduto ma per eventi bellici di portata immane. Ora il Comitato olimpico ha disposto un rinvio del tutto inedito, anteponendo la legittima preoccupazione per la salute di atleti e spettatori al regolare svolgimento di una manifestazione sportiva che vale praticamente un pezzo di Pil del Paese che la ospita. Ora, con le principali voci dello sport che garantiscono uno slittamento di appena un anno, va da sé che l’emergenza coronavirus sia ormai diventata un evento di portata storica in ogni settore. La speranza del Giappone, a questo punto, non è tanto che la macchina olimpica sia in grado di entrare in funzione anche con dodici mesi (forse anche meno) di ritardo sulla tabella di marcia, quanto più che la risposta in termini di pubblico sia sufficiente a garantire la linea di galleggiamento.

Caso eccezionale

Naturale che, al momento, la priorità sia la salvaguardia della salute globale e, in questo senso, rientra la decisione di dare un taglio provvisorio a tutti gli eventi di importante aggregazione (ora in realtà anche ai piccoli). Per le Olimpiadi un’eccezione si era quasi sempre fatta, tranne nei periodi in cui le atrocità belliche non consentivano a nessuno di poter avere tempo e voglia di sport, nonostante i Giochi originari fossero nati come vera e propria tregua in nome del culto e della competizione amichevole. Questa volta il nemico è invisibile, piccolo e feroce, capace di spostare d’un colpo l’asse decisionale di un Comitato che nemmeno le paventate crisi diplomatiche, né addirittura quelle in corso d’opera, come i fatti tragici di Monaco nel ’72, erano riuscite a smuovere.

Colpo senza precedenti

Un caso eccezionale quindi, praticamente senza precedenti nella storia olimpica, vecchia e nuova. In tale contesto, la decisione di spostare, anziché cancellare del tutto l’evento, rappresenta un tentativo di paracadute, a fronte di una stima di perdite che, per ora, gli indici finanziari hanno calcolato attorno ai 6 miliardi. Parte di quelli serviti in infrastrutture, village, servizi, mobilità, programmi manutenzione urbana e chi più ne ha più ne metta. Probabilmente, il rinvio delle Olimpiadi certifica come il mondo del 2020 si sia trovato costretto a combattere un nemico più grande di lui, nonostante le dimensioni lo rendano invisibile. Qualcosa che davvero forse non si era mai visto prima. La sfida, ora, sarà quella di mantenere le promesse. Farlo per Tokyo, che quei 6 miliardi dovrà perlomeno pareggiarli, e anche per gli atleti, affinché la loro possibilità la abbiano presto. Coronavirus permettendo naturalmente, arbitro inatteso di una partita che, con il beffardo e atroce scherzo olimpico, ha mollato il colpo da k.o. E dal quale, nonostante i lividi, saremo per forza costretti a ritirarci su.

Damiano Mattana

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