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La Cei tuona contro il Governo e Palazzo Chigi apre le porte al dialogo

Vescovi irritati che "escludono arbitrariamente la celebrazione della Messa". Poi la Presidenza del Consiglio precisa: "In arrivo un protocollo"

C’è disaccordo fra governo e Conferenza episcopale italiana, che entrano in rotta di collisione nella serata in cui il premier Giuseppe Conte illustra il piano per la parte iniziale della cosiddetta Fase 2. Un insieme di disposizioni che consentiranno al nostro Paese di provare una ripartenza e soprattutto, come ha detto il presidente del Consiglio, di imparare a convivere con il virus, con la consapevolezza di una possibile risalita della curva epidemiologica. Fra le misure di rallentamento delle restrizioni, la possibilità di celebrare le cerimonie funebri, con un massimo di quindici persone e, possibilmente, in un luogo aperto. Una disposizione che, a ogni modo, non prevede la riapertura delle chiese per la Santa Messa, circostanza che ha incontrato il dissenso della Cei.

La presa di posizione

“Ora – scrive la Conferenza episcopale in una lettera diramata dopo la fine della conferenza del premier -, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la Cei presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo”. Una presa d’atto che, implicitamente, richiama la Presidenza del Consiglio e il Comitato tecnico-scientifico, “il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia”. I Vescovi italiani, prosegue la nota, “non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”.

L’interlocuzione

La presa di posizione della Cei, arriva a seguito delle parole del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, in un’intervista rilasciata ad Avvenire lo scorso 23 aprile, nella quale spiegava che “sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”. Dichiarazioni che, riferisce la Cei, “arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio”. Un’interlocuzione, spiega ancora, “nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”.

L’apertura

A strettissimo giro, arriva la risposta da Palazzo Chigi, che apre le porte al confronto: “Nei prossimi giorni sarà elaborato un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza”.

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