Calca, fretta, paura. Era un inferno l’aeroporto di Kabul, quel 19 agosto. L’avanzata dei talebani, la fuga precipitosa dal Paese, i soldati americani schierati davanti allo scalo cercando di evitare un disastro. Ma all’Abby Gate non è bastato. Migliaia di persone in attesa, per molti vana, di riuscire a salire su un aereo per allontanarsi dalla propria terra. Fra queste, anche Mirza Ali Ahmadi e sua moglie Suraya, confusi nella marea umana che premeva contro i cancelli dell’aeroporto assieme al loro figlioletto, di appena due mesi. La paura che la folla si trasformasse in una calca senza via d’uscita, porta la coppia a una decisione drammatica: affidare il proprio bambino a un soldato americano, affinché non restasse schiacciato. E con la speranza di arrivare presto al cancello per poterlo riabbracciare. Le cose sono però andate diversamente.
L’inferno a Kabul
Del bimbo, Mirza e sua moglie non hanno più avuto notizie. Scomparso, nonostante avesse oltrepassato le mura protette dal filo spinato, evitando la pressione di una folla sempre più numerosa. La vicenda è stata raccontata proprio dai suoi genitori alla Reuters, nella speranza di poter ritrovare il soldato che prese in braccio il loro figlio. Nel frattempo, infatti, anche loro hanno raggiunto gli Stati Uniti, dopo aver preso un volo da Kabul diretto dapprima in Qatar e poi in Germania. Accompagnati dai figli maggiori di 17, 9, 6 e 3 anni. Una famiglia ancora spezzata dall’assenza di Sohail, il più piccolo dei figli di Mirza e Suraya, scomparso oltre quel muro ormai dal 19 agosto.
Le ricerche
La famiglia si trova ora, assieme ad altri rifugiati afghani, a Fort Bliss, nel Texas. E da lì si leva il loro appello disperato: “Quello di cui mi importa ora è ritrovare il mio bambino”, ha detto sua mamma. Quel giorno, tutto accadde in una frazione di secondo: ritrovarsi vicini al cancello, accogliere l’offerta di aiuto, la convinzione di ritrovarsi presto tutti insieme. Il corso degli eventi, però, stava assumendo contorni imprevedibili. E quei pochi metri che li separavano dal cancello del gate, la famiglia di Mirza ha impiegato oltre mezz’ora a percorrerli. Di Sohail, però, non c’era più traccia. L’uomo ha raccontato di aver iniziato disperatamente le ricerche fin da subito, chiedendo a ogni soldato o funzionario incontrato. Alcuni di loro hanno fatto sapere che il piccolo potrebbe essere stato evacuato da solo. Ora, in tv, un nuovo accorato appello. Con la speranza che possa contribuire a ricomporre una famiglia divisa dagli eventi.