Potrebbe esserci Al Qaeda dietro il sequestro di due italiani e un canadese in Libia. Ne sono convinte le milizie del maresciallo Khalifa Haftar, fedeli e Tobruk, che nei mesi scorsi hanno dato il via una campagna militare per strappare Bengasi e altri territori occupati all’Isis.
La firma di Al Qaeda
Il colonnello Ahmed al Mismari, portavoce dell’autoproclamato Esercito nazionale libico, ha affermato che “il rapimento dei tre tecnici stranieri avvenuto a Ghat porta la firma di al Qaeda”. Citato dal sito informativo libico “al Wasat“, l’ufficiale ha spiegato che “il sequestro è stato compiuto da una banda criminale, tuttavia per come è stato eseguito i segni sono quelli lasciati solitamente dall’organizzazione di al Qaeda”.
La pista dei fuorilegge
Nei giorni scorsi, il Consiglio comunale di Ghat aveva escluso che i due italiani rapiti fossero stati sequestrati da terroristi, ritenendo che fossero nelle mani di un gruppo fuorilegge già noto alle autorità. Le formazioni armate attive nella zona sono molteplici. Ci sono i guerriglieri di Al Qaeda nel Maghreb Islamico e del gruppo Katibat al Mourabitoun, fondato dal famigerato terrorista algerino Mokhtar Belmokhtar. A est di Ghat, nell’area di Ubari, sono attivi i gruppi armati del popolo Tebu. Nella zona ci sono anche le milizie dei nomadi Tuareg.
Le ricerche
I due italiani, il 56enne Bruno Cacace e il 66enne Danilo Calonego, si troverebbero quindi ancora in Libia, proprio nella zona di Ghat al confine con l’Algeria dove si stavano dirigendo al momento del sequestro per rimettersi al lavoro nello scalo di cui la loro ditta piemontese cura la manutenzione. Le squadre di volontari armati che partecipano alle ricerche, ha spiegato la fonte, rifiutano la collaborazione sia delle autorità di Tripoli, sia dell’esercito di Khalifa Haftar che ha inviato un suo emissario sul posto. “Vogliono portare a termine da soli l’operazione e liberare gli ostaggi”, ha spiegato la fonte.
Cauto il governo
“Il rapimento dei due italiani in Libia non deve essere collegato alla nostra missione nel Paese africano ma a un episodio di criminalità comune” ha però ribadito la ministra della Difesa Roberta Pinotti. “C’è un’ottica italianocentrica e forse un po’ provinciale quando leggiamo le situazioni che avvengono nel mondo – ha aggiunto – in questo caso si tratta di due italiani e di un canadese. Allora non mi spiegherei perché anche un canadese”. La Farnesina, da parte sua, ha definito la questione delicata, e il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha detto che è troppo presto per attribuire una matrice al sequestro.