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Afghanistan, a Herat l’ammaina-bandiera per il ritiro dal Paese. Guerini: “Fare la nostra parte al fianco degli afghani”

"Una pace durevole non può essere imposta, nasce da un processo politico" ha detto il nostro ministro della Difesa, che ha poi ricordato le attività di addestramento e i progetti di cooperazione civili-militari, oltre che i 53 caduti. Convocato alla Farnesina l'ambasciatore degli Emirati Arabi dopo il divieto di sorvolo all'aereo militare con a bordo i giornalisti diretti a Herat

La missione Nato è conclusa, la bandiera tricolore viene ammainata, ma “dobbiamo continuare essere al fianco degli afghani”. Così il ministro della Difesa Lorenzo Guerini alla base di Camp Arena, a Herat, in occasione della cerimonia di ammaina bandiera del contingente italiano che si appresto a lasciare il territorio afghano.

In quasi vent’anni, nel paese centroasiatico, l’Italia ha partecipato  alle missioni Enduring Freedom, International Security Assistance Force (Isaf) e Resolute Support inviando circa 50mila soldati, coinvolti in operazioni di addestramento dei militari afgani e in progetti di cooperazione civile-militare. I caduti italiani sono stati 53 e i feriti circa 700.

“I nemici della pacificazione cercheranno di opporsi a questo processo, dovremo fare la nostra parte”, ha detto il ministro. Da metà giugno si comincerà a trasferire in Italia il personale civile afghano che ha collaborato con il contingente italiano e le loro famiglie.

Durante il briefing dopo la cerimonia, Guerini ha espresso il suo stupore per il divieto di sorvolo della scorsa notte da parte degli Emirati Arabi nei confronti di un mezzo dell’Aeronautica militare italiana con a bordo dei giornalisti diretti a Herat. La Farnesina ha fatto sapere di aver convocato l’ambasciatore emiratino.

Il discorso

“Oggi viviamo un momento cruciale, nella storia di un percorso iniziato venti anni fa, dopo il devastante e ignobile attacco alle Torri Gemelle. Qui in Afghanistan il nostro Paese ha fatto la propria parte fin dall’inizio”, ha detto il ministro, scrive Askanews, “partecipando all’Operazione Enduring Freedom, prima operando dall’Oceano Indiano poi direttamente in territorio afgano per contribuire al ripristino della democrazia e delle libertà civili e alla protezione della popolazione”. La cerimonia odierna sancisce la fine della “la nostra partecipazione all’Operazione Resolute Support, che ha sostituito ISAF dal gennaio 2015, concentrando il proprio sforzo nell’ addestramento, consulenza e accompagnamento dei nostri alleati ed amici afgani”.

Le attività del contingente italiano

“Un’attività di elevatissimo livello che in questi anni ha visto l’addestramento diretto o indiretto di più di 20.000 militari afgani del 207° Corpo d’Armata dell’Esercito Nazionale Afghano con cui abbiamo proficuamente operato in questi anni. Ma anche la realizzazione di circa 2.200 progetti di cooperazione civile-militare”, scrive Askanews riportando le parole del ministro della Difesa. Guerini ha poi detto: “E’ stata una delle missioni più lunghe che le nostre Forze Armate abbiano mai svolto, complessa e difficile anche a livello logistico per la notevole distanza dalla madrepatria. Difendere la pace e la legalità internazionali non richiede solo tempestività d’intervento. Molto spesso significa assicurare una presenza e un impegno costante nel tempo. In Afghanistan è stato così, perché in Afghanistan le condizioni di conflitto avevano cause profonde, che affondavano le loro radici nella storia, e per affrontarle è stato, ed è ancora necessario consolidare i meccanismi della fiducia e riannodare i fili del dialogo“.

Il processo di pace

“La sfida in Afghanistan è ancora grande, dobbiamo perciò continuare ad essere a fianco degli afghani”, ha proseguito il ministro, scrive Askanews. “Una delle lezioni più importanti che abbiamo imparato in questi anni è che una pace durevole non può essere imposta: essa deve nascere e svilupparsi attraverso un processo politico, economico e diplomatico condiviso. Il governo afghano ha intrapreso iniziative coraggiose in questa direzione, ma il cammino verso la stabilità è ancora lungo. Questo processo richiederà ancora tempo e i nemici della pacificazione cercheranno di sfruttare ogni occasione per fermarlo o rallentarlo”. Guerini ha poi avvertito: “Non vogliamo che l’Afghanistan torni a essere un luogo sicuro per i terroristi. E non vogliamo che i diritti conquistati dalla società vadano persi. Dovremo continuare a supportare l’Afghanistan, non solo sotto il fondamentale profilo delle attività di cooperazione allo sviluppo e del rafforzamento delle istituzioni, ma ritengo che dovremo garantire anche continuità nell’addestramento e potenziamento delle Forze di Sicurezza Afgane, per non disperdere quanto ottenuto a così caro prezzo”.

I caduti

Il ministro della Difesa ha poi ricordato il “valore e lo spirito di sacrificio” degli italiani civili e militari che hanno perso la vita in Afghanistan. “Ricordo i 53 caduti e i 700 feriti tra i nostri militari e quelli che, ancora oggi, portano sul corpo i segni della coraggiosa testimonianza di vita al servizio del Paese”. “Non saranno mai dimenticati”, ha aggiunto il ministro Guerini. “A tutte le famiglie che, con grande dignità, hanno affrontato la perdita dei loro cari, rivolgo la mia vicinanza e il mio riconoscente pensiero”.

Il “caso” degli Emirati Arabi

Riporta l’agenzia Nova che in una nota il Ministero degli Esteri italiano ha comunicato di aver convocato l’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti Omar al Shamsi alla Farnesina, dal segretario generale del ministero degli Affari Esteri, Ettore Sequi. Sequi, scrive sempre l’agenzia, avrebbe manifestato “la sorpresa e il forte disappunto per un gesto inatteso che si fa fatica a comprendere”. La convocazione, riferisce ancora Nova, è avvenuta su istruzione del ministro Luigi Di Maio.

Scrive Italpress che nonostante il piano di volo fosse già stato concordato, gli Emirati Arabi Uniti hanno impedito il sorvolo del Paese al Boeing 767 dell’Aeronautica Militare con 40 giornalisti a bordo diretti da Pratica di Mare a Herat per la cerimonia di ammaina bandiera del contingente italiano. L’aeromobile è stato bloccato per tre ore nell’aeroporto di Dammam, in Arabia Saudita, per poi riprendere il viaggio alla volta dell’Afghanistan.

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