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IL PAPA: “UNO SCANDALO LA DISPARITA’ FRA UOMO E DONNA”

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“Uno scandalo”. Il Papa sceglie la parola più dura del vocabolario cristiano per definire la disparità fra i sessi, soprattutto in ambito lavorativo. “Perché si dà per scontato – si è chiesto nella catechesi all’Udienza Generale di oggi – che le donne debbano guadagnare di meno degli uomini?”.  Una mentalità figlia secondo Francesco del machismo imperante in ampi tratti della società.

Suggestivo, da questo punto di vista, è stato allora il richiamo al peccato di Adamo: “Molti ritengono che il cambiamento avvenuto in questi ultimi decenni (nella famiglia ndr) sia stato messo in moto dall’emancipazione della donna. Ma nemmeno questo argomento è valido. E’ un’ingiuria. E` una forma di maschilismo”. Come quello del primo uomo che fece la “brutta figura” di accusare Eva per aver mangiato la mela offertale dal serpente. “E’ lei che me l’ha data, la colpa è della donna: povera donna – ha commentato Bergoglio tra gli applausi dei fedeli – dobbiamo difendere le donne!”.

Il Pontefice, che non smette mai di sorprendere, affronta un argomento spinoso, in una fase storica in cui la condizione femminile, già precaria a livello mondiale, subisce l’urto del fondamentalismo. Ma il ragionamento del Papa è anche un altro: in Occidente la disgregazione della famiglia viene spesso incolpata la moglie. Perché lavora, non si occupa solo del focolare domestico, conduce la sua esistenza in modo sempre più simile al marito. Ma secondo il Papa “ll seme cristiano della radicale uguaglianza tra i coniugi deve oggi portare nuovi frutti. La testimonianza della dignità sociale del matrimonio diventerà persuasiva. La via della reciprocità tra loro, della complementarietà”.

Mentre Francesco pronunciava la sua catechesi in Vaticano veniva presentato il documento “Impegno cristiano contro la tratta. “Quando una persona e’ vittima di tratta – si legge nel testo – diventa molto difficile e spesso pericoloso sfuggire da questa situazione. I superstiti di tratta decidendo di fuggire si trovano inevitabilmente di fronte a moltissime difficoltà. A essi è negato l’accesso a diritti come la protezione medica e servizi di consulenza. Inoltre, qualsiasi forma di assistenza di cui necessitano, è spesso condizionata da una sorta di cooperazione con le autorità, a prescindere dal pericolo a cui possa essere esposta la persona trafficata”.

Il documento congiunto del dicastero per la pastorale dei migranti e della Caritas Internationalis sottolinea l’importanza della collaborazione fra le organizzazioni e le istituzioni della Chiesa in questa difficile sfida e indica come offrire una capillare assistenza alle vittime. Secondo le stime dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) oggi ci sono almeno 2,4 milioni di persone ridotte a merce. Eppure ogni anno sono solo poche migliaia le condanne nei confronti dei trafficanti. “La maggior parte delle vittime – rileva il documento – non sono identificate e, di conseguenza, non riceveranno mai giustizia. Nonostante la crescente consapevolezza e le risposte più efficaci delle forze dell’ordine, il commercio di esseri umani rimane un’impresa criminale a basso rischio con rendimenti elevati; si stima che i profitti annuali scaturiti dalla tratta si aggirino intorno ad almeno trentadue miliardi di dollari.

Presentando il testo, il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del dicastero vaticano, ha citato “gli urgenti appelli del Papa che denunciano questa vergognosa piaga, indegna di una società civil” ed ha sottolineato che il documento “è un’occasione per riflettere e condividere esperienze e metodi di lavoro, con esempi di buone pratiche che si sono rivelate efficaci e possono essere replicate in diversi contesti”. Relatori alla giornata di studio promossa per l’occasione nella sede del Dicastero, a Palazzo San Calisto, sono stati suor Gabriella Bottani della rete Talitha Kum contro la schiavitù sessuale, presente in 81 Paesi; padre Bruno Ciceri, dell’Apostolato del mare; Oliviero Forti, di Caritas internationalis e monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes promossa dalla Cei.

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