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IL PAPA: “MI ASPETTO UN’EUROPA PER IL BENE DI TUTTI”

Papa Francesco ha appreso del risultato del Referendum sulla BrExit mentre era in volo verso l’Armenia, questa mattina. “Ho saputo dell’esito finale qui sull’aereo, perché quando sono uscito da casa ho letto  ‘Il Messaggero’ e ancora non era definitivo”, ha detto ai giornalisti che l’accompagnavano. Quindi, ha commentato con queste parole: “È stata la volontà espressa dal popolo. Questo richiede a tutti noi una grande responsabilità per garantire il bene del popolo del Regno Unito e anche il bene e la convivenza di tutto il continente europeo. Questo mi aspetto”.

La decisione degli inglesi di uscire dall’Europa, “andare via” (Leave), ha meritato un cambiamento nel protocollo, su iniziativa dello stesso portavoce della Santa Sede, il gesuita padre Federico Lombardi, che ha chiesto al Pontefice di esprimersi al riguardo e anche sullo storico accordo per la pace in Colombia, raggiunto due giorni fa a Cuba tra il governo e le forze armate rivoluzionarie colombiane. Notizia, quest’ultima, che ha reso il  Santo Padre  “felice, dopo 50 anni di guerra, di guerriglia, di tanto sangue versato”.

Poche parole, quelle di Papa Bergoglio, ma dense di significato etico-politico, oltre che evangelico. Molte volte, d’altra parte, nel corso del suo ancora breve pontificato, è intervenuto per un’Europa  “più umana”, umanista, più attenta alle persone, ai loro bisogni e alla loro dignità, nella tradizione originaria del Vecchio Continente, ispirata alla vocazione dell’umanesimo cristiano, così come analizzato da pensatori come Emmanuel Mounier o Jacques Maritain. Un’Europa “personalista”, non a servizio di personalismi, né a misura di immense personalità.

Poco meno di due mesi fa, ai primi di maggio, nel ricevere il Premio internazionale  “Carlo Magno 2016” – che prima di lui aveva ricevuto un altro Pontefice, Giovanni Paolo II, nel 2004 –, per il suo “straordinario impegno in favore della pace, della comprensione e della misericordia in una società europea di valori”, anche alla presenza del Premier Matteo Renzi e della massime autorità istituzionali europee – il Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz, il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, il Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk –, Papa Francesco aveva dichiarato: “Sogno un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti. Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stata la sua ultima utopia”.

Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?”, chiedeva con dolorosa forza il Santo Padre. L’Europa dei popoli e della nazioni, l’Europa dei diritti per tutti è, al momento, anche per il Papa, “un sogno”, non una realtà. La realtà, per molti cittadini europei, assomiglia  piuttosto a un incubo.

L’Europa, “famiglia dei popoli”, ha detto il Papa in quella prestigiosa occasione, “sembra sentire meno proprie le mura della casa comune, talvolta innalzate scostandosi dall’illuminato progetto architettato dai Padri”. Quest’Europa non è quella pensata, ideata, progettata, desiderata, sognata da Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Konrad Adenauer, per esempio. Non è questa, neppure, l’Europa che avrebbe  voluto costruire il Primo ministro britannico Winston Churchill, ideatore degli Stati Uniti d’Europa.

“I progetti dei Padri fondatori, araldi della pace e profeti dell’avvenire non sono superati”, aveva detto Papa Francesco nel suo discorso alla cerimonia di premiazione. E così come “le ceneri delle macerie della guerra non poterono estinguere la speranza e la ricerca dell’altro” che ardeva nel progetto europeista originario, ancora è possibile ritrovare la capacità, l’ingegno, l’energia, per rialzarsi e ricostruire insieme la “casa comune”. “La rassegnazione e la stanchezza non appartengono all’anima dell’Europa, e anche le difficoltà possono diventare promotrici potenti di unità”. Servono, però, responsabilità morale, civile e politica.  Una “grande responsabilità di tutti”, come invita a fare Papa Francesco. Bisogna che i nostri politici si preoccupino e si occupino, finalmente, del “bene di tutti”, e dunque, principalmente dei più deboli. L’orizzonte non sia più il potere e la ricchezza di alcuni, i criteri non siano più l’interesse o gli interessi di potenti e miliardari, ma l’Europa dei popoli liberi e sovrani, che si realizzi attraverso leggi e azioni politiche concrete, e una “solidarietà di fatto”, come si proponevano i Padri fondatori.

Un’Europa nella quale “la giusta distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano non è mera filantropia, ma è un dovere morale”. Questo è l’auspicio del Papa per l’Unione Europea. Forse, è questa l’Europa nella quale gli inglesi vorrebbero rientrare.  Questa è l’Europa in cui i cittadini europei vorrebbero vivere. È questa la volontà del popolo, e il popolo è sovrano.

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