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Il Papa in Turchia
LA VIOLENZA RELIGIOSA VA CONDANNATA

La Turchia tre giorni dopo Strasburgo. Dal cuore dell’Europa alla terra di confine per antonomasia. Il Papa in meno di una settimana ha ricongiunto l’Oriente all’Occidente in un momento critico della nostra storia. Da una parte l’economia che stritola la società, dall’altra il terribile problema del fondamentalismo che, a pochi chilometri da Ankara, insanguina Siria, Iraq e non solo. “Pari diritti e doveri per tutte le religioni” è stato il grido del Pontefice, lanciato davanti alle autorità della Mezzaluna. Perché la fede deve unire e non dividere l’umanità. Per questo il viaggio in Turchia assume un valore simbolico. Questo Paese, dai tempi dei miti omerici, rappresenta il naturale ponte tra l’Est e l’Ovest. Lì, ieri, si sono combattute guerre sanguinarie e sempre lì, oggi, il rapporto con il mondo islamico si fa cruciale.Oltre confine l’Isis e le altre forze dell’integralismo si rafforzano, facendo leva sul terrore delle popolazioni.

Francesco sa quanto Ankara possa recitare un ruolo di primo piano nella gestione di un quadro teso, sul punto di esplodere da un momento all’altro. “La violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è Dio della vita e della pace” ha detto il Successore di Pietro all’assemblea. Un invito a non cedere alla tentazione del fondamentalismo, vettore di morte e distruzione. Non è un caso allora che Francesco abbia scelto il mausoleo di Kemal Ataturk come prima tappa del suo sesto viaggio apostolico; il grande statista scomparso ha gestito la transizione del Paese dopo la disgregazione dell’impero ottomano, sradicando le ultime scorie confessionali in seno alla sua società. Oggi il quadro politico è cambiato, la Turchia, rifiutata dall’Europa, è tornata a guardare all’Islam. Un fatto visto con preoccupazione da molti osservatori internazionali. Il vescovo di Roma è lì anche per dimostrare che nulla è perduto se si seguono le strade della moderazione e della tolleranza.

Ma non c’è solo il Medio Oriente nella tre giorni di Bergoglio. Oggi si svolgerà l’evento più significativo: l’incontro con il Patriarca di Costantinopoli (l’odierna Istanbul) Bartolomeo I. Il successore di Pietro rivedrà quello di Andrea per la terza volta quest’anno. Un abbraccio che per qualche momento riunirà la cristianità ancora divisa dal drammatico scisma del 1.055. Il cammino per il ricongiungimento delle due confessioni è ancora lungo. Ma la volontà dei due leader spirituali è la stessa: avvicinarsi mettendo da parte gli errori che, da una parte e dall’altra, in passato si sono commessi. Bartolomeo, salutando l’arrivo del Papa, ha detto di aver avvertito sin da subito una “confidenza intima” con Francesco e ha sottolineato l’importanza di una voce “armonica delle chiese cristiane” volta a “risvegliare l’uomo contemporaneo da un torpore spirituale”. Non solo ma, come recita un antico proverbio, l’unione fa la forza. Insieme sarà più facile rispondere al drammatico grido di dolore di milioni di cristiani perseguitati nelle zone più calde del Pianeta.

Politica ed ecumenismo, dunque, si intrecciano nella visita del Santo Padre. Un viaggio che arriva esattamente 8 anni dopo quello compiuto da Benedetto XVI. Il clima, allora, era diverso: Ratzinger veniva dalla discussa “lectio magistralis” di Regensburg, percepita (con la complicità dei media internazionali) come un’offesa all’Islam. Francesco non incontrerà le stesse resistenze e potrà diffondere con maggior libertà il proprio messaggio di pace. Particolarmente intensa sarà poi la messa che il Pontefice celebrerà nella Cattedrale Cattolica dello Spirito Santo a Istanbul. Un incontro con la piccola comunità cattolica che popola la Turchia che testimonierà la vicinanza del “Papa venuto dalla fine del mondo” a tutti i figli della Chiesa.

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