Il Papa: “Apriamo il cuore all’amore di Dio e saremo sostenuti dalla sua consolazione”

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Non ci sono fedeli nella Basilica di San Pietro. Solo i funzionari della Santa Messa che, assieme a Papa Francesco, restano ai piedi dell’altare della grande Basilica per celebrare la Domenica delle Palme, anch’essa secondo le logiche di clausura alle quali il coronavirus ci ha costretti. Ma c’è idealmente tutto il mondo nella più grande chiesa di Roma, tutti coloro di fede cattolica che, in questi giorni di lotta contro la malattia, hanno scelto di portare il loro cuore davanti al Santo Padre, che nella basilica vuota celebra con la stessa intensità che accompagnò l’Urbi et Orbi sotto la pioggia di Piazza San Pietro, al cospetto dell’umanità intera, per la quale aveva chiesto l’intercessione della Vergine e di Cristo, pregando ai piedi del Crocifisso miracoloso.

Foto © Vatican Media

Un servizio d’amore

Gesù “svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo”. Con queste parole l’apostolo Paolo si rivolse ai Filippesi, rivelando loro l’essenza stessa dell’incarnazione del Signore. E da queste Papa Francesco snoda la riflessione della sua omelia, ricordando come possano introdurci nei giorni santi, “dove la Parola di Dio, come un ritornello, mostra Gesù come servo”. Perché Dio, ha ricordato il Santo Padre, “ci ha salvato servendoci. In genere pensiamo di essere noi a servire Dio. No, è Lui che ci ha serviti gratuitamente, perché ci ha amati per primo. È difficile amare senza essere amati. Ed è ancora più difficile servire se non ci lasciamo servire da Dio“. E alla domanda su quale sia il modo in cui il Signore ci ha serviti, il Pontefice pone una risposta che racchiude l’essenza stessa dell’amore: “Dando la sua vita per noi. Gli siamo cari e gli siamo costati cari… Il suo amore lo ha portato a sacrificarsi per noi, a prendere su di sé tutto il nostro male”.

Il tradimento

Un tale atto d’amore, “è qualcosa che lascia a bocca aperta: Dio ci ha salvati lasciando che il nostro male si accanisse su di Lui. Senza reagire, solo con l’umiltà, la pazienza e l’obbedienza del servo, esclusivamente con la forza dell’amore. E il Padre ha sostenuto il servizio di Gesù: non ha sbaragliato il male che si abbatteva su di Lui, ma ha sorretto la sua sofferenza, perché il nostro male fosse vinto solo con il bene, perché fosse attraversato fino in fondo dall’amore. Fino in fondo”. Un servizio che ha portato il Signore “a provare le situazioni più dolorose per chi ama: il tradimento e l’abbandono“. Per questo dobbiamo pensare “ai piccoli o grandi tradimenti che abbiamo subito nella vita: è terribile quando si scopre che la fiducia ben riposta viene ingannata. Nasce in fondo al cuore una delusione tale, per cui la vita sembra non avere più senso”. Per questo “non possiamo nemmeno immaginare come sia stato doloroso per Dio, che è amore…  Guardiamoci dentro. Se siamo sinceri con noi stessi, vedremo le nostre infedeltà… Il Signore conosce il nostro cuore meglio di noi, sa quanto siamo deboli e incostanti… E che cosa ha fatto per venirci incontro, per servirci? Quello che aveva detto per mezzo del profeta: ‘Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente‘”. Dio ci ha dunque guariti, “prendendo su di sé le nostre infedeltà, togliendoci i nostri tradimenti. Così che noi, anziché scoraggiarci per la paura di non farcela, possiamo alzare lo sguardo verso il Crocifisso e ricevere il suo abbraccio”.

Foto © Vatican Media

L’abbandono

“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Sono le parole che pronuncia Gesù sulla Croce, “una frase forte”, come spiega Papa Francesco: “Gesù aveva sofferto l’abbandono dei suoi, che erano fuggiti. Ma gli rimaneva il Padre. Ora, nell’abisso della solitudine, per la prima volta lo chiama col nome generico di ‘Dio’. E gli grida ‘a gran voce’ il ‘perché?’ più lacerante: ‘Perché anche Tu mi hai abbandonato?’. Sono in realtà le parole di un Salmo: ci dicono che Gesù ha portato in preghiera anche la desolazione estrema. Ma resta il fatto che l’ha provata: ha provato l’abbandono più grande”. Un atto estremo di amore, “ancora una volta per noi, per servirci. Perché quando ci sentiamo con le spalle al muro, quando ci troviamo in un vicolo cieco, senza luce e via di uscita, quando sembra che perfino Dio non risponda, ci ricordiamo di non essere soli”. Ecco fin dove ci ha serviti Gesù: “Calandosi nell’abisso delle nostre sofferenze più atroci, fino al tradimento e all’abbandono”.

La misura dell’Amore

Oggi, ha spiegato il Santo Padre, “nel dramma della pandemia, di fronte a tante certezze che si sgretolano, di fronte a tante aspettative tradite, nel senso di abbandono che ci stringe il cuore, Gesù dice a ciascuno: ‘Coraggio: apri il cuore al mio amore. Sentirai la consolazione di Dio, che ti sostiene'”. Il dramma che stiamo attraversando, “ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore. Allora, in questi giorni santi, a casa, stiamo davanti al Crocifisso, misura dell’amore di Dio per noi. Davanti a Dio che ci serve fino a dare la vita, chiediamo la grazia di vivere per servire”. L’invito del Pontefice è a cercare “chi soffre, chi è solo e bisognoso. Non pensiamo solo a quello che ci manca, ma al bene che possiamo fare”. E farlo del tutto consapevoli che “amare, pregare, perdonare, prendersi cura degli altri, in famiglia come nella società, può costare. Può sembrare una via crucis. Ma la via del servizio è la via vincente, che ci ha salvati e che ci salva la vita”.

Un invito ai giovani

Conclude con un messaggio ai giovani Papa Francesco, a coloro ai quali “questa Giornata è dedicata da 35 anni”, invitandoli a guardare “ai veri eroi, che in questi giorni vengono alla luce: non sono quelli che hanno fama, soldi e successo, ma quelli che danno sé stessi per servire gli altri. Sentitevi chiamati a mettere in gioco la vita. Non abbiate paura di spenderla per Dio e per gli altri, ci guadagnerete! Perché la vita è un dono che si riceve donandosi. E perché la gioia più grande è dire sì all’amore, senza se e senza ma. Come Gesù per noi”.

 

Damiano Mattana: