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IL PAPA AI MIGRANTI: “NON SIETE SOLI, NON PERDETE LA SPERANZA”

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“Cari amici, oggi ho voluto stare con voi. Voglio dirvi che non siete soli. In questi mesi e settimane, avete patito molte sofferenze nella vostra ricerca di una vita migliore”. Sono le parole che Papa Francesco ha rivolto ai molti migranti che si sono riuniti nel cortile dove vengono registrati all’interno del Moria Refugee Camp.

E mentre all’orizzonte si profila la possibilità che il Pontefice porti con sé in Vaticano alcuni dei rifugiati che sono sull’isola di Lesbo – alcuni dei media hanno sottolineato la presenza di posti vuoti sull’aereo che ha portato il Pontefice da Fiumicino a Mytilena – Francesco, si è rivolto ai migranti riconoscendo le grandi sofferenze che sono stati costretti a subire.

“Avete fatto grandi sacrifici per le vostre famiglie. Conoscete il dolore di aver lasciato dietro di voi tutto ciò che vi era caro e, quel che è forse più difficile, senza sapere che cosa il futuro avrebbe portato con sé. Anche molti altri, come voi, si trovano in campi di rifugio o in città, nell’attesa, sperando di costruire una nuova vita in questo continente”.

Inoltre, Bergoglio ha aggiunto che la sua visita, insieme con il Patriarca Bartolomeo e l’Arcivescovo Ieronymos, è “semplicemente per stare con voi e per ascoltare le vostre storie. Siamo venuti per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede, desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro. Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità”.

Lo scopo della visita è quello di richiamare l’attenzione delle autorità sui gravi disagi e le precarie condizioni di vita a cui sono costretti i migranti e, ha sottolineato, come per alcune persone sia molto facile ignorare le sofferenze altrui. “Ma sappiamo anche che queste crisi possono far emergere il meglio di noi. Lo avete visto in voi stessi e nel popolo greco, che ha generosamente risposto ai vostri bisogni pur in mezzo alle sue stesse difficoltà – ha ribadito Francesco -. Lo avete visto anche nelle molte persone, specialmente giovani provenienti da tutta l’Europa e dal mondo, che sono venute per aiutarvi. Sì, moltissimo resta ancora da fare. Ma ringraziamo Dio che nelle nostre sofferenze non ci lascia mai soli. C’è sempre qualcuno che può tendere la mano e aiutarci”.

“Questo è il messaggio che oggi desidero lasciarvi: non perdete la speranza! Il più grande dono che possiamo offrirci a vicenda è l’amore: uno sguardo misericordioso, la premura di ascoltarci e comprenderci, una parola di incoraggiamento, una preghiera. Possiate condividere questo dono gli uni con gli altri. Noi cristiani amiamo narrare l’episodio del Buon Samaritano, uno straniero che vide un uomo nel bisogno e immediatamente si fermò per soccorrerlo – ha detto Francesco -. Per noi è una parabola che si riferisce alla misericordia di Dio, la quale si rivolge a tutti. Lui è il Misericordioso. È anche un appello a mostrare quella stessa misericordia a coloro che si trovano nel bisogno. Possano tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle in questo continente, come il Buon Samaritano, venirvi in aiuto in quello spirito di fraternità, solidarietà e rispetto per la dignità umana, che ha contraddistinto la sua lunga storia”.

Cari amici, Dio benedica tutti voi, in modo speciale i vostri bambini – ha concluso il suo discorso Papa Francesco -, gli anziani e coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. Vi abbraccio tutti con affetto. Su di voi e su chi vi accompagna invoco i doni divini di fortezza e di pace.

Prima di Bergoglio, è stato l’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Ieronymos a tenere il suo discorso, durante il quale ha ringraziato il Capo della Chiesa Romana per la sua presenza, considerata di “cruciale” importanza” sull’isola di Lesbo. Anche il Patriarca della chiesa greca ha espresso il suo profondo rammarico per le “troppe vite perse nell’Egeo” ed ha sottolineato l’impegno del popolo ellenico che “anche se alle prese con le proprie difficoltà, sta contribuendo a rendere il Calvario (Golgota) dei rifugiati un po’ meno pesante, il loro cammino in salita un po’ meno duro”.

“Abbiamo viaggiato fin qui per guardare nei vostri occhi, sentire le vostre voci e tenere le vostre mani nelle nostre”, ha esordito così nel suo discorso il Patriarca Bartolomeo. “Sappiamo che siete venuti da aree di guerre, fame e sofferenza. Sappiamo che i vostri cuori sono pieni di ansia per le vostre famiglie. Sappiamo che siete alla ricerca di un futuro più sicuro e luminoso”. “Vi promettiamo che non vi dimenticheremo mai. Non smetteremo mai di parlare per voi – ha concluso il Patriarca -. E vi assicuriamo che faremo di tutto per aprire gli occhi e il cuore del mondo”.

Dopo i discorsi i tre leader religiosi si sono riuniti per firmare la Dichiarazione Congiunta, nella quale come “Come capi delle nostre rispettive Chiese, siamo uniti nel desiderio della pace e nella sollecitudine per promuovere la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo e la riconciliazione. Mentre riconosciamo gli sforzi già compiuti per fornire aiuto e assistenza ai rifugiati, ai migranti e a quanti cercano asilo, ci appelliamo a tutti i responsabili politici affinché sia impiegato ogni mezzo per assicurare che gli individui e le comunità, compresi i cristiani, possano rimanere nelle loro terre natie e godano del diritto fondamentale di vivere in pace e sicurezza. Sono urgentemente necessari un più ampio consenso internazionale e un programma di assistenza per affermare lo stato di diritto, difendere i diritti umani fondamentali in questa situazione divenuta insostenibile, proteggere le minoranze, combattere il traffico e il contrabbando di esseri umani, eliminare le rotte di viaggio pericolose che attraversano l’Egeo e tutto il Mediterraneo, e provvedere procedure sicure di reinsediamento. In questo modo si potrà essere in grado di assistere quei Paesi direttamente impegnati nell’andare incontro alle necessità di così tanti nostri fratelli e sorelle che soffrono”.

 

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