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Il Papa a Prima Porta: “Ricordiamo i defunti con la speranza della Resurrezione”

Il giorno della memoria, del ricordo di quanti hanno già lasciato questa terra. Un giorno velato di tristezza per il dolore del distacco dei cari che non ci sono più ma pieno di speranza, per chi crede nella vita eterna, di fiduciosa certezza che la morte non ha l’ultima parola. Anche quest’anno Papa Francesco ha voluto celebrare la S. Messa in suffragio dei fedeli defunti in un cimitero. Due le novità rispetto al passato: la data e il luogo scelti. Contrariamente agli anni scorsi, infatti, quando la celebrazione si teneva di solito il 1. novembre nel cimitero del Verano. La data è stata spostata ad oggi per consentire al Pontefice di fermarsi un giorno in più in Svezia.

Ma questa volta Francesco ha anche scelto di recarsi, novità assoluta, nel cimitero Flaminio, alla periferia nord di Prima Porta. Un camposanto enorme, il più grande d’Italia dove riposano circa tre milioni di persone, credenti e no, di ogni religione. Per tutti il Santo Padre ha celebrato la Santa Messa, per la prima volta, nel piazzale antistante l’ossario del Cimitero Flaminio, di fronte a un buon numero di fedeli, assiepati nel viale antistante l’altare, e alla presenza anche della sindaca Raggi. Prima della celebrazione, quando aveva già indossato i paramenti liturgici, Francesco ha deposto dei fiori su alcune tombe. Con il Santo Padre hanno concelebrato il cardinale vicario Agostino Vallini, l’arcivescovo Filippo Iannone, vicegerente della diocesi di Roma, mons. Guerino Di Tora, vescovo ausiliare per il settore nord della diocesi di Roma, l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, e padre Zbigniew Golebiewski, parroco dei Santi Urbano e Lorenzo a Prima Porta.

Francesco ha pronunciato una breve omelia a braccio, commentando la prima lettura tratta dal libro di Giobbe: “Giobbe era nel buio, proprio alla porta della morte. In quel momento di angoscia, dolore e sofferenza proclama la speranza: “So che il mio Redentore è vivo”. La commemorazione dei defunti – ha proseguito il Papa – ha questo doppio senso. Di tristezza: il cimitero è triste. Ci ricorda i nostri che sono andati, ci ricorda anche il futuro, la morte. In questa tristezza portiamo fiori, con un segno di speranza. Potremmo dire di festa, ma non ora più avanti. La tristezza si mischia con la speranza. È quello che tutti noi sentiamo, la memoria dei nostri cari, davanti alle loro spoglie, e la speranza. Ma anche sentiamo che questa aiuta perché tutti dobbiamo fare questo cammino. Con più o meno dolore ma col fiore della speranza”. Poi ha proseguito affermando che c’è “un’ancora che non delude, la speranza della Resurrezione: chi ha fatto per primo questo cammino è Gesù, chi ci ha aperto la porta è lui stesso. Torniamo a casa – ha concluso – con questa doppia memoria: del passato, dei nostri che sono andati, e del futuro, del cammino che noi faremo con la certezza, la sicurezza uscita dalle labbra di Gesù: Io lo resusciterò nell’ultimo giorno”.

La celebrazione eucaristica è stata animata musicalmente dal Coro della diocesi di Roma e dal Coro dei Santi Urbano e Lorenzo a Prima Porta diretti dal maestro monsignor Marco Frisina. Al termine è seguita una preghiera per i defunti e la benedizione delle tombe. Subito dopo il rientro in Vaticano, il Pontefice si è recato nelle Grotte della Basilica Vaticana per un momento di preghiera in privato, in suffragio dei Sommi Pontefici ivi sepolti e di tutti i defunti. Venerdì 4 novembre, poi, celebrerà la Messa nella basilica di San Pietro in suffragio dei cardinali e dei vescovi deceduti nell’ultimo anno.

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