Dopo aver concluso la visita al campo dei richiedenti asilo di Moria, Papa Francesco, assieme a Sua Santità Bartolomeo, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, e Sua Beatitudine Ieronymos, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, si sono trasferiti, in minibus, al porto di Mytilene. Qui, presso il Presidio della Guardia Costiera, si è svolto l’incontro con la cittadinanza e con la piccola comunità cattolica dell’isola.
Bergoglio rivolge ai presenti, tra cui anche il Primo Ministro greco, Tsipras, un discorso in lingua italiana, intercalato dalla traduzione in lingua greca. “Da quando Lesbo è diventata un approdo per tanti migranti in cerca di pace e di dignità, ho sentito il desiderio di venire qui – ha detto il Papa -. Oggi ringrazio Dio che me lo ha concesso. E ringrazio il Signor Presidente Pavlopoulos di avermi invitato, insieme con il Patriarca Bartolomeo e l’Arcivescovo Ieronymos”.
Non ha nascosto la sua ammirazione per il popolo greco che “nonostante le gravi difficoltà da affrontare, ha saputo tenere aperti i cuori e le porte. Tante persone semplici hanno messo a disposizione il poco che avevano per condividerlo con chi era privo di tutto. Dio saprà ricompensare questa generosità, come quella di altre nazioni circostanti, che fin dai primi momenti hanno accolto con grande disponibilità moltissimi migranti forzati”. E con generosità il Padre saprà anche ricompensare la “presenza generosa di tanti volontari e di numerose associazioni, che, insieme alle diverse istituzioni pubbliche, hanno portato e stanno portando il loro aiuto, esprimendo nel concreto una vicinanza fraterna”.
Dal palco allestito davanti al mare, Bergoglio ha rinnovato il suo “accorato appello alla responsabilità e alla solidarietà di fronte a una situazione tanto drammatica. Molti profughi che si trovano su quest’isola e in diverse parti della Grecia – ha proseguito – stanno vivendo in condizioni critiche, in un clima di ansia e di paura, a volte di disperazione per i disagi materiali e per l’incertezza del futuro. Le preoccupazioni delle istituzioni e della gente, qui in Grecia come in altri Paesi d’Europa, sono comprensibili e legittime. E tuttavia non bisogna mai dimenticare che i migranti, prima di essere numeri, sono persone, sono volti, nomi, storie”. Ha quindi sottolineato che “l’Europa è la patria dei diritti umani, e chiunque metta piede in terra europea dovrebbe poterlo sperimentare, così si renderà più consapevole di doverli a sua volta rispettare e difendere”. Tuttavia, “alcuni, tra cui molti bambini, non sono riusciti nemmeno ad arrivare: hanno perso la vita in mare, vittime di viaggi disumani e sottoposti alle angherie di vili aguzzini”.
Agli abitanti di Lesbo ha ricordato “che in queste terre, culla di civiltà, pulsa ancora il cuore di un’umanità che sa riconoscere prima di tutto il fratello e la sorella, un’umanità che vuole costruire ponti e rifugge dall’illusione di innalzare recinti per sentirsi più sicura. Infatti le barriere creano divisioni, anziché aiutare il vero progresso dei popoli, e le divisioni prima o poi provocano scontri”.
“Per essere veramente solidali con chi è costretto a fuggire dalla propria terra, bisogna lavorare per rimuovere le cause di questa drammatica realtà: non basta limitarsi a inseguire l’emergenza del momento, ma occorre sviluppare politiche di ampio respiro, non unilaterali – ha aggiunto -. Prima di tutto è necessario costruire la pace là dove la guerra ha portato distruzione e morte, e impedire che questo cancro si diffonda altrove”. Questo è il motivo per cui “bisogna contrastare con fermezza la proliferazione e il traffico delle armi e le loro trame spesso occulte; vanno privati di ogni sostegno quanti perseguono progetti di odio e di violenza”. Al contrario, va invece “promossa senza stancarsi la collaborazione tra i Paesi, le Organizzazioni internazionali e le istituzioni umanitarie, non isolando ma sostenendo chi fronteggia l’emergenza”. Ha quindi rinnovato l’auspicio “che abbia successo il Primo Vertice Umanitario Mondiale, che avrà luogo a Istanbul il mese prossimo”.
“Tutto questo si può fare solo insieme – ha sottolineato -: insieme si possono e si devono cercare soluzioni degne dell’uomo alla complessa questione dei profughi. E in questo è indispensabile anche il contributo delle Chiese e delle Comunità religiose. La mia presenza qui insieme al Patriarca Bartolomeo e all’Arcivescovo Ieronymos sta a testimoniare la nostra volontà di continuare a collaborare perché questa sfida epocale diventi occasione non di scontro, ma di crescita della civiltà dell’amore”.
Davanti alle “tragedie che feriscono l’umanità, Dio non è indifferente, non è distante. Egli è il nostro Padre, che ci sostiene nel costruire il bene e respingere il male. Non solo ci sostiene, ma in Gesù ci ha mostrato la via della pace. Di fronte al male del mondo, Egli si è fatto nostro servo, e col suo servizio di amore ha salvato il mondo. Questo è il vero potere che genera la pace. Solo chi serve con amore costruisce la pace. Il servizio fa uscire da sé stessi e si prende cura degli altri, non lascia che le persone e le cose vadano in rovina, ma sa custodirle, superando la spessa coltre dell’indifferenza che annebbia le menti e i cuori”. Ai cittadini di questa piccola isola è andato il ringraziamento di Bergoglio, perché sono “custodi di umanità”, perché si prendono “teneramente cura della carne di Cristo, che soffre nel più piccolo fratello affamato e forestiero, e che voi avete accolto”.
Dopo le preghiere pronunciate dai tre leader religiosi, Francesco, Bartolomeo e Ieronymos, e dopo un minuto di silenzio, hanno ricevuto da tre bambini delle corone di alloro che sono state lanciate in mare dal molo.