“Rammarico e sconcerto“. Così i ministri dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, dei Trasporti, Graziano Delrio, e del Lavoro, Giuliano Poletti, in una nota congiunta commentano l’esito del referendum dei dipendenti Alitalia. La netta affermazione del No, scrivono, “mette a rischio il piano di ricapitalizzazione della compagnia”. A questo punto, esclusa ogni ipotesi di nazionalizzazione dell’ex vettore di bandiera, “l’obiettivo del governo, in attesa di capire cosa decideranno gli attuali soci di Alitalia, sarà quello di ridurre al minimo i costi per i cittadini italiani e per i viaggiatori“.
Verso il commissariamento
Alitalia sembra, dunque, avviarsi sulla strada del commissariamento e della successiva messa in liquidazione. A breve dovrebbe riunirsi il cda, per deliberare la richiesta di amministrazione straordinaria speciale. Probabile la contestuale uscita dei soci per consegnare di fatto “le chiavi” dell’azienda al governo. Una volta formalizzata la richiesta, il ministero dello Sviluppo Economico procederà con la nomina di uno o più commissari (fino a 3). Con molta probabilità vi sarà quindi la corsa dei fornitori a esigere i pagamenti, mentre il nuovo commissario dovrà in tempi relativamente brevi, elaborare un piano industriale da sottoporre a governo e creditori. L’ipotesi di trovare un acquirente (in caso di cessione unitaria, l’eventuale compratore dovrebbe impegnarsi a tenere tutti i 12.500 lavoratori per due anni) oppure quella di nuovi finanziatori, a fronte di un piano industriale rimodulato che assicuri riequilibrio finanziario e continuità d’impresa (che comporterebbe però altri forti costi) vengono entrambe considerate altamente improbabili. In questo scenario, al commissario non resterebbe che chiedere il fallimento della compagnia, con la conseguente dichiarazione di insolvenza da parte del Tribunale. Il curatore fallimentare inizierà la procedura liquidatoria, con due anni di cassa integrazione, Naspi e quindi disoccupazione per i lavoratori, contestualmente la cessione spezzatino degli asset della compagnia. I costi della liquidazione di Alitalia ammonterebbero secondo alcuni calcoli, a un miliardo.
Il voto
Il “no” al preaccordo per il salvataggio di Alitalia ha vinto nettamente, affermandosi con 6.816 voti, contro 3.206 sì, vale a dire con il 67%. I “no” hanno stravinto tra il personale navigante, con 3.166 voti contrati e 304 favorevoli, ma hanno prevalso anche nell’urna relativa al personale di terra dello scalo di Fiumicino, con 648 contro 407 e in quella della cosiddetta pista con 957 contro 577. La bocciatura è arrivata poi da Malpensa (278 a 39), Linate (698 a 153) e dagli uffici della Magliana (amministrativi, call center, informatici, con 193 contrari e 39 favorevoli). I “sì”, invece, hanno prevalso nell’urna 2 (ancora amministrativi e personale non operativo, con 777 voti contro i 443 “no”), nel reparto manutenzione (749 a 373) e nelle periferie (161 a 60). Le schede bianche sono state in totale 17, quelle nulle 134.