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IL FANTASMA DEL MULLAH OMAR

Il Mullah Omar è morto. La notizia, che non ha riscontri, è stata diffusa di media afghani ai quali è stata riferita da esponenti della sicurezza del governo di Kabul durante la conferenza stampa che annunciava il secondo round degli incontri di pace tra Kabul e talebani da tenersi a Islamabad in Pakistan la prossima settimana. Vera o falsa che sia questa sarebbe la settima volta che l’Amir dei credenti, Mullah Omar, è dato per deceduto. Secondo le fonti afghane il leader dei talebani sarebbe stato ucciso addirittura due anni fa, ma voci in tal senso si sono rincorse con cadenza periodica. Fonti interne alla sicurezza afghana riferiscono che la notizia sia stata fornita da gruppi talebani che hanno giurato fedeltà all’Isis.

In verità, da mesi è in atto un violento scontro tra gruppi talebani. Alcuni hanno giurato fedeltà al Califfo Abu bakr al Baghdadi, che appare più concreto e reale di quanto, in questi anni, non sia stato il Mullah Omar, presente solo con messaggi scritti e avvolto dal più fitto mistero.

La notizia della morte del Mullah Omar si inquadra nella “fitna”, guerra fratricida, che si sta consumando nel mondo sunnita. L’Isis sta giocando una partita a tutto campo per conquistare il predominio del mondo islamico. La creazione del Califfato ha spiazzato persino i suoi sponsor della prima ora, come le dinastie del Golfo e la Turchia. Ankara ha ora deciso di unirsi alla guerra all’Isis, ma è una scelta che fa parte di quella strategia che mira a rilanciare l’antico spirito ottomano di predominio sulla Regione. Non è infatti casuale che i rais turchi colpiscano anche i curdi, proprio coloro che – unici fino a oggi – sono riusciti a fronteggiare il Califfato sui campi di battaglia.

La possibilità di creare un’enclave turca in territorio siriano equivarrebbe a cancellare qualsivoglia progetto di una nazione curda. E questo con il silenzio complice dei Paesi della Nato che non hanno sostenuto la difesa di Kobane e ora consegnano i curdi alla vendetta turca.

Nel grande gioco arabo ecco inserirsi anche l’Afghanistan. In occasione del Eid al Fitr, ultimo giorno di Ramadan, appena sei giorni fa, è stato diffuso un messaggio del Mullah Omar che dava il suo assenso ai colloqui di pace con il governo di Kabul. Nel contempo condannava tentativi di scissione nel movimento talebano e attaccava l’Isis, che in questi mesi non ha mancato di lanciare attacchi al capo dei talebani arrivando persino a emettere una fatwa contro di lui.

La morte del Mullah Omar, quand’anche fosse acclarata, cambierà poco la situazione nell’immediato. Di fatto è dal 2001 che non si hanno notizie certe su di lui, misterioso e riservato anche quando era al potere a Kabul. A partire dalle telefonate con il segretario di Stato Usa nel 2000-2001, alla fuga in Pakistan dopo l’attacco americano, per finire a questi anni di misteriosa latitanza.

Certo è che l’effettiva scomparsa di Omar, così come è stato per Osama bin Laden, potrebbe provocare conseguenze pericolose in prospettiva. La dissoluzione di Al Qaeda ha portato all’Isis. La scomparsa di una figura carismatica in ambito talebano, nel momento dell’avvio di negoziati, potrebbe aprire in Afghanistan un nuovo scenario siro-iracheno.

L’Occidente del resto non si è dimostrato in grado di mettere in atto strategie efficaci, troppo legato a schemi di vecchio colonialismo. E il mondo islamico è attraversato da una turbolenza che lo sta spaccando rovinosamente. All’antico conflitto tra sciiti e sunniti si è inserito, come detto, la lotta all’interno del mondo sunnita: le primavere arabe finite nel sangue hanno agevolato il diffondersi del jihadismo.

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