Non è ancora superato lo scoglio coronavirus. Lo ha dimostrato la Germania, colpita da una prima ondata di ritorno di contagi, seguita alle parziali riaperture del Paese. E anche la Francia, che ha messo in archivio il campionato di calcio e deciso il rinvio della riapertura delle scuole, sceglie la via della prudenza. Quella che, ribadisce nuovamente il premier Giuseppe Conte, ha scelto di seguire anche l’Italia. Il presidente del Consiglio, infatti, risponde alle critiche ma, al tempo stesso, conferma che le strategie adottate erano le uniche possibili da mettere in campo, in un momento storico in cui la maggior parte dei Paesi europei deve far fronte più o meno allo stesso trend. Ragione che ha spinto l’agenzia di rating Fitch a ridurre l’affidabilità del debito pubblico italiano portando il giudizio ad appena un passo dal minimo assoluto.
La decisione
Ora, con 4,5 milioni di persone che torneranno al lavoro e “il grosso rischio” assunto dal governo nel consentirlo, come spiegato da Conte, l’Italia vede rileggere al ribasso il suo piazzamento sugli indici di previsione: “Il downgrade – scrive Fitch – riflette il significativo impatto del coronavirus sull’economia italiana e sulla posizione di bilancio”. Il vaticinio dice contrazione del pil dell’8% nel 2020, con un rapporto debito/pil al 156%: “L’Italia ha dimostrato un’ampia coesione politica – spiega ancora Fitch – nelle prime settimane della pandemia e il sostegno per la coalizione di governo è aumentato. Comunque le tensioni politiche sono riemerse nelle ultime settimane. Riteniamo che le tensioni politiche si intensificheranno con il rilassamento graduale delle misure di lockdown e l’attenzione politica si sposterà sull’economia e la risposta comune europea alla crisi“.
La replica
Per quanto riguarda il sistema bancario, l’agenzia di rating spiega che “la profonda recessione amplierà probabilmente i rischi alla qualità del credito e metterà pressione sulla redditività del settore”. Di qui, un contributo alla regressione decisa da Fitch, di cui l’Italia prende atto ma che, a giudizio del Ministero dell’Economia, “non tiene conto delle rilevanti decisioni assunte nell’Unione europea, dagli Stati che la compongono e dalle istituzioni che ne fanno parte. In particolare, non sembrano adeguatamente valorizzati l’orientamento strategico della Banca Centrale Europea”.