I giovani, l’amore e la quarantena

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Dopo la conferenza stampa del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è registrato subito un rimpallo di domande e risposte incerte. Sono congiunti anche i fidanzati? Nel pomeriggio di oggi, una prima interpretazione del Dpcm ha chiarito che con “congiunti si intendono parenti e affini, coniuge, conviventi, fidanzati stabili, affetti stabili”. Alla luce di ciò, Interris.it ha deciso di dare voce ad una giovane coppia tramite le parole di Paolo, che ha raccontato questa epoca degli affetti privati, della lontananza forzata.

L’amore al tempo del Coronavirus

Un amore diverso? No. Una nuova declinazione di amore. Non incontro la mia ragazza da più di due mesi. Siamo due corpi lontani, ma due anime vicine. Nel senso che, questo è il momento di dimostrare la solidità del sentimento. L’amore è un legame spesso fragile, mi piace immaginarlo come un’ampolla di vetro soffiato. Bisogna essere sempre accorti a non stringerla troppo forte altrimenti si rischia di infrangerla. Ma non bisogna nemmeno lasciarla nell’incuria altrimenti si impolvera e non splende più. E’ inutile dire della mia contentezza: il 4 maggio potremo abbracciarci di nuovo”.

 

La lontananza forzata

“Io e la mia dolce fidanzata, Ilaria, siamo ormai lontani da molto tempo. Un’infinità per noi due, abituati a stare sempre insieme. Io sono un lettore accanito e quando rifletto su quello che stiamo vivendo ripenso ai tanti romanzi sulla Seconda Guerra Mondiale, che poi raccontano semplicemente le storie dei padri dei nostri nonni. Quegli amori platonici racchiusi in splendide poesie scritte al fronte, quel sentimento che è più forte della paura di perire sotto il fuoco nemico. Un amore scultoreo, tetragono, solido al punto di resistere alle assenze. Perché come si direbbe in politologia sul potere, l’amore è performativo, nel senso che richiede comunque una presenza. Una presenza che può tradursi in un suono, come ‘A Silvia’ di Leopardi, oppure in un abbraccio. Insomma, se non proprio come la donna angelica di Dante, bisogna avere un’immagine della nostra amata che ci accompagni nei momenti più bui. Ecco, questi giorni caratterizzati da notizie tetre, che mai avremmo immaginato di vivere, noi giovani dell’era dell’invincibilità”.

L’importanza di esserci

“Le tecnologie, cui noi siamo avvezzi ma che io aborro per la loro spersonalizzazione, hanno colmato un vuoto. Tramite una video chiamata, posso finalmente rivedere il volto angelico della mia Ilaria. Un viso brillante, dai lineamenti dolci che dallo schermo, che fisso inesorabilmente, riscopro stupendo. Spesso, Ilaria è triste perché tale distanza divide le nostre quotidianità, prima strettamente connesse. Le ragazze sono più sensibili a queste connessioni, perché al contrario dell’uomo, spesso manicheo ed arrivista, le donne rappresentano l’essenza stessa della vita. Sono delicate, come la mia Ilaria, ma al contempo forti e pronte a difendersi. L’antologia degli amori vuole che sia il ragazzo a comportarsi da aitante principe azzurro che incurante delle paure e delle ardue sfide della vita cinge la sua lei e la trae in salvo. Ma questa è letteratura, che riporta l’immagine come uno specchio: al contrario. In realtà, almeno per me vale così soprattutto in questa emergenza, è Ilaria la principessa azzurra che lenisce le mie paure, le mie ansie, la mia voglia inesauribile di scoprire un futuro oscuro e pauroso. Anche se lontana la sento ugualmente vicina, come spiega la fisica quantistica: deve pur esserci una connessione profonda. A mio avviso c’è”.

La lezione della quarantena

“Come mi comporto durante questa quarantena? Studio perché frequento l’Università e leggo. E mi piace immaginarmi come il personaggio de “La peste” di Albert Camus, Rambert. Quest’ultimo, di mestiere giornalista, si trova rinchiuso in una città non sua, Orano, dove imperversa una mortale peste. Il ragazzo, originario di Parigi, non fa altro che pensare alla sua fidanzata che ha lasciato nella capitale francese. Vaga per questa città afosa dell’Algeria, tra gli spettri dell’epidemia, inconsolabile. E io come lui, in questa sorda agitazione del Coronavirus, mi sento un’ombra sperduta abbattuta dallo sconforto. Perché che cos’è la vita senza amore? Un’ombra appunto. E’ questa una delle grandi rivoluzioni della malattia. Come il mare, le strade, i negozi, i bar non sono più accessibili anche l’amore, le amicizie, i sentimenti sono costretti in luoghi angusti. Ma lo scoppio rivoluzionario è proprio questa introspezione, questa riflessione coatta che non fa altro che farci rendere conto dell’importanza spesso dimenticata, spesso data per scontata, dell’amore. Un amore che significa vicinanza, che significa poter dire ‘ti voglio bene’ e che per me significa soprattutto il sorriso della mia Ilaria. Un sorriso luminoso, che una video chiamata non può restituire, un sorriso radioso, alle volte lucente, che mi protegge. Ecco, io nelle ore buie penso a quel sorriso, e te?”

Gianpaolo Plini: