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I dipendenti di Alitalia bocciano il referendum

I voti contrari al referendum indetto dai sindacati sul pre-accordo relativo al piano industriale di Alitalia sono stati 6.816, pari al 67%, mentre i favorevoli sono stati 3.206. Lo hanno comunicato i sindacati al termine dello scrutinio. L’atteggiamento nettamente contrario del personale navigante (piloti e assistenti di volo) sembra che non sia stato compensato a sufficienza dai consensi del personale di terra.

Quando mancano ancora i risultati del personale in pista a Fiumicino e dei lavoratori degli scali periferici, i numeri sono molto chiari. I naviganti che hanno votato al Crew Briefing Center sono stati in gran parte contro: 3.166 contro 304 sì. Tra il personale degli uffici hanno votato a favore in 777 ma i contrari sono stati 443. Nei due scali milanesi, dove in gran parte vi è personale navigante, i contrari sono stati 976 contro 192 sì. Nella manutenzione, che è un settore largamente tutelato dall’accordo di venerdì scorso che ha evitato una massiccia esternalizzazione, i consensi sono stati 749 ma i contrari non sono mancati: 373 lavoratori hanno barrato la casella del No. Nei vecchi uffici della Magliana a Roma, dove sono rimasti il call center e la divisione IT, i contrari sono stati 193 e i favorevoli 39. E, infine, tra gli impiegati dello scalo romano, i contrari sono stati ben 648 e i favorevoli 407.

“Ha vinto il no al referendum sul verbale di confronto Alitalia. Ha prevalso la rabbia dei lavoratori sulla razionale valutazione. Una rabbia motivata dal comportamento del management che ha irresponsabilmente portato l’azienda alle attuali condizioni ed esasperato i lavoratori” ha commentato Antonio Piras, segretario generale della Fit-Cisl.

Per oggi è stato convocato il consiglio amministrazione di Alitalia, che molto probabilmente chiederà il ricorso all’amministrazione straordinaria. Si tratta di una procedura per le grandissime (almeno 500 dipendenti) imprese insolventi (almeno 300 milioni di debiti) introdotta nel nostro ordinamento a seguito del crack della Parmalat. L’ammissione all’amministrazione straordinaria speciale è disposta direttamente dal ministero dello Sviluppo economico. Con il decreto di apertura, il debitore viene immediatamente spossessato nella gestione dell’impresa che viene assunta dal commissario straordinario che ha amplissimi poteri di gestione. Lo scopo è disciplinarne il dissesto, tentando la ristrutturazione economico-finanziaria. Il commissario ha il compito di predisporre entro 180 giorni un programma di ristrutturazione, di esercitare le azioni revocatorie contro gli atti dannosi per i creditori compiuti dall’imprenditore prima di essere ammesso alla procedura, proporre ai creditori un concordato come strumento per la chiusura della procedura. Il ministro può rigettare o autorizzare l’attuazione del programma. Nel primo caso il commissario può convertire il programma di ristrutturazione in uno di cessione di beni aziendali (purché sia proposto entro 60 giorni e attuabile in due anni). Altrimenti la procedura si converte automaticamente in fallimento. Se invece il ministro dà l’autorizzazione la procedura prosegue, secondo quanto previsto dal programma.

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