Hong Kong, scontro Usa-Cina sulla legge per la Sicurezza

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Assieme alle proteste, torna ad aprirsi la disputa Usa-Cina sul caso Hong Kong. Dopo le tensioni vissute ieri per le strade del Porto profumato, con almeno 180 arresti operati dalla Polizia fra i manifestanti che si erano ribellati al probabile via libera alla legge sulla sicurezza, da Pechino arriva l’altolà agli Stati Uniti, più volte critici in passato sulla gestione cinese del caso: “Se gli Usa continuano a danneggiare gli interessi della Cina, allora la Cina prenderà le necessarie contromisure”. Parola del Ministero degli Esteri, per bocca del portavoce del ministro Zhao Lijian. Parole che arrivano a strettissimo giro da una conferenza tenuta proprio dal ministro Wang Yi, che aveva parlato di una possibile nuova guerra fredda, stavolta fra Cina e Stati Uniti, tacciando Washington di diffondere notizie false su Pechino.

La nuova protesta

Secondo Zhao, intento degli Stati Uniti è “colpire la sicurezza nazionale“, con riferimento alla posizione di Washington circa il movimento pro-democrazia che sta ormai da un anno animando le proteste di Hong Kong. Proprio in relazione alla città ribelle, Pechino sembra intenzionata ad andare avanti per la propria strada sull’approvazione della legge sulla sicurezza nazionale, la cui discussione (e probabile avallo della parte filo-governativa del Parlamento) ha di fatto riportato in strada i manifestanti, per la prima vera giornata di protesta dopo il lockdown per il coronavirus. Un periodo che, secondo i dimostranti, è coinciso con l’arresto di numerosi esponenti del movimento di protesta, il quale ha comunque proseguito la sua attività di dissenso nei limiti che la diffusione della pandemia consentiva.

L’altolà

Il via libera alla legge, secondo Zhao, consentirà di avere “garanzie più solide per rafforzare la sovranità, la sicurezza e lo sviluppo degli interessi della nazione e per assicurare a Hong Kong la prosperità e la stabilità di lungo termine“. Una questione che riguarda la Cina e la Cina soltanto. Per questo, dopo l’altolà di Wang Yi, anche il portavoce del Ministero degli Esteri mette in guardia Washington dall’applicare sanzioni se la legge dovesse passare. Cosa che gli Usa, in realtà, hanno già fatto sapere di voler fare. Come spiegato dal segretario alla Sicurezza nazionale, Robert O’Brien, “è difficile prevedere come Hong Kong possa restare un centro finanziario in Asia se la Cina assume la guida”. Come a dire che, avvisi o no, la posizione resta granitica. Da una parte e dall’altra.

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