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Guerra di spie

Un intrigo internazionale in piena regola, con spie, controspionaggio, attentati, missioni segrete. Tutto nell’ambito di una guerra tra Israele ed Hezbollah, con continui cambi di strategia e arresti incrociati. Il Partito di Dio libanese ha scoperto una spia del Mossad all’interno della sua ala militare; da circa un mese, infatti, è in stato di arresto un alto ufficiale Hezbollah della Brigata 901.

L’uomo, Mohammad Shawraba dal 2007 era stato arruolato dal servizio segreto israeliano, e secondo le accuse fu lui a fornire al Mossad le informazioni per uccidere a Damasco, nel 2008, Imad Mughinyeh uno dei capi storici di Hezbollah e regista dei primi attentati in Libano contro i militari americani e francesi. Shawraba avrebbe inoltre fornito a Israele anche la dislocazione delle batterie di missili nel sud del Libano.

In mano a Israele, o meglio alle autorità del Perù, è invece finito a metà ottobre un agente Hezbollah trovato in possesso di esplosivi, passaporti falsi e piani per attaccare obiettivi israeliani in Sud America. Mohammed Amadar, questo il nome dell’uomo, si era trasferito in Perù nel novembre 2013; dopo pochi mesi aveva sposato una donna con doppia cittadinanza: statunitense e peruviana. Dalle indagini è emerso che Amadar avrebbe ricevuto cospicue quantità di denaro attraverso Western Union.

Il Mossad ha così scoperto un’intensa attività degli agenti Hezbollah e i loro piani per colpire obiettivi israeliani. Nel mirino le ambasciate di Israele in Azerbaijan, Turchia, Egitto, Giordania, Cipro e Grecia. Alcuni agenti sono stati identificati a Parigi e Amsterdam. Gli operativi Ayatollah hanno passaporti europei e alcuni di loro sono libanesi naturalizzati in Canada e negli Stati Uniti.

Il premier Netanyahu ha messo a parte di questi rischi anche il governo italiano durante la sua recente visita nel Belpaese e ne ha portato a conoscenza anche il segretario di Stato Usa Kerry e il ministro russo Lavrov durante l’incontro a Roma. Nel luglio scorso l’Unione europea ha inserito l’ala militare di Ayatollah tra i gruppi terroristici. Questa recrudescenza degli sciiti contro obiettivi israeliani fa parte di una strategia per accreditarsi in Medio Oriente nelle comunità sunnita per superare i contrasti provocati dal fatto che le milizie sciite libanesi sono al fianco del regime siriano di Assad.

In un periodo storico come questo, globalizzato, dove gli equilibri internazionali si basano anche sull’impatto che alcuni episodi hanno sull’opinione pubblica, che a sua volta influenza le scelte dei governi, c’è da credere che la guerra di spie sia un tassello di un puzzle che fa della controinformazione il suo scenario ideale e degli attentati la sua carta da giocare.

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