La grande sfida della scienza: salvare il riso italiano

Una ricerca dell'Università Campus Bio-Medico ha individuato negli antiossidanti naturali di alcune varietà di riso la soluzione per contrastare i cambiamenti climatici

Riso
Foto di Faris Mohammed su Unsplash

L’impatto dei cambiamenti climatici fa sentire i suoi effetti in numerosi ambiti dell’attività umana. In primis sul comparto agricolo, il più suscettibili ai mutamenti delle condizioni ambientali. Il riscaldamento globale gioca un ruolo sempre più importante nel percorso di adattamento delle colture, arrivando a imporre, in alcuni casi, una revisione sostanziale dei programmi di semina e di raccolta. A rischiare di più, in questo senso, sono quei prodotti che, per crescere, necessitano di condizioni climatiche peculiari, possibili solo nel caso in cui il clima garantisca una certa stabilità, indispensabile per il mantenimento delle temperature entro certi standard e l’apporto delle piogge. L’Italia, ad esempio, in questo particolare momento storico vive una sfida epocale per la conservazione della propria leadership europea nell’ambito della produzione del riso.

Perché il riso soffre il nuovo clima

Il nostro Paese, infatti, figura come il principale produttore in Europa, detenendo circa il 50% dei raccolti, per un totale complessivo di 1,5 milioni circa di tonnellate prodotte all’anno. Un quantitativo che comprende le numerose varietà di riso e, soprattutto, un giro d’affari che vede in questa cariosside un supporto sostanziale al mercato alimentare italiano, sia interno che in termini di export. Un’impalcatura socio-economica messa in crisi da fattori ambientali che, di anno in anno, aumentano il loro peso specifico. A cominciare dall’aumento della curva di salinità dell’acqua, soprattutto nell’area della Pianura Padana, luogo cardine della produzione italiana (il 95% del riso viene prodotto qui). Un elemento che, ormai da tempo, ha attirato l’attenzione degli esperti, concordi nell’indicare l’eccessiva salinità come un rischio per l’intera filiera. E, per questo, attivi nell’ambito della ricerca per l’individuazione di soluzioni volte a contrastarne gli effetti diretti.

Campus Bio-Medico in prima linea

Uno studio della Facoltà Dipartimentale di Scienze e Tecnologie per lo Sviluppo Sostenibile e One Health dell’Università Campus Bio-Medico di Roma ha puntato proprio in questa direzione. Con l’obiettivo primario di analizzare a fondo il comportamento delle piante da riso a contatto con delle condizioni ostili sempre più marcate. Nella fattispecie, la loro capacità di mantenere inalterate le proprie caratteristiche per la prosecuzione della produttività.

La ricerca ha preso in esame quattro varietà di riso tra quelle attualmente coltivate in Italia, tra le quali due fra le più tolleranti alla salinità (Baldo e Onice) e due tra le più sensibili (Selenio e Vialone nano). L’analisi ha permesso di individuare nella capacità di produrre e accumulare antiossidanti la maggiore tolleranza alla sollecitazione salina. In sostanza, più una pianta è in grado di produrre e immagazzinare un antiossidante come il glautinone, più sarà capace di porre un freno allo stress ossidativo. E, di conseguenza, all’invecchiamento delle sue cellule.

Una soluzione di salvataggio

La ricerca ha aperto nuovi sentieri di studio e, soprattutto, nuove possibilità di contrasto all’impatto del nuovo clima. Un elemento indispensabile considerando che, secondo i dati Cnr-Isac, l’Italia sta vivendo un 2024 estremamente anomalo, con un inverno tra i più caldi mai registrati (+2.19 gradi in più rispetto al trentennio precedente). Come spiegato dalla professoressa Vittoria Locato, docente nei Corsi di Studi Magistrale di Scienze dell’Alimentazione e della Nutrizione umana e di Scienze e tecnologie Alimentari e Food Design, “nei prossimi mesi sarà possibile identificare dei marcatori di tolleranza presenti nelle piante più resistenti alla salinizzazione dei suoli”.

E, una volta identificati, “attraverso diversi approcci biotecnologici, trasferire le caratteristiche di resilienza alle varietà di riso che, pur avendo un grande interesse produttivo, non sono resistenti allo stress salino”. In questo modo, attraverso l’incrocio di varietà diverse di riso, “sarà possibile trasferire caratteristiche di tolleranza agli stress ambientali a varietà di interesse agronomico ottenendo colture più resistenti ai cambiamenti climatici”. Di fatto, una strategia di salvataggio.