Stop alle esportazioni di oro dalla Russia. Una mossa allo studio dei leader del G7 per assestare un nuovo colpo all’economia di Mosca e, al tempo stesso, una limitazione di non poco conto agli oligarchi. La proposta che sarebbe stata avanzata dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ha incontrato l’appoggio del Regno Unito oltre che di Canada e Giappone. Su Twitter, l’inquilino della Casa Bianca ha fatto sapere che l’annuncio del divieto di importazione verrà dato probabilmente al termine del G7, spiegando che Mosca “incassa decine di miliardi di dollari” dall’oro esportato. Secondo il premier britannico, Boris Johnson, il divieto “colpirà il cuore della macchina da guerra di Putin”. Il fermo all’import d’oro da Mosca, probabilmente, avrebbe maggior peso delle sanzioni e non solo per gli introiti.
Oro, l’impatto della mossa del G7
L’energia (in termini di esportazione) è la risorsa principale per la Federazione russa. Al secondo posto, però, figura proprio il metallo giallo, considerando che la riserva aurea di Mosca si attesterebbe a circa 140 miliardi di dollari. Ossia, uno dei valori più elevati a livello mondiale. Le banche russe ne acquistano gran parte, per poi rivenderlo (già raffinato) all’estero oppure alla banca centrale. Un mercato che, al momento, rappresenta la seconda fonte di reddito primaria dell’intera Nazione. Anzi, le stesse riserve aure starebbero consentendo a Mosca di eludere (per ora) l’impatto diretto delle sanzioni, proprio attraverso la vendita dei lingotti. Uno stop all’export (o comunque all’import da parte dei Paesi esteri) costringerebbe la Russia a rivedere i propri piani. Anche perché, dopo le sanzioni, il mercato era già rallentato con molte banche e raffinatori che hanno preso le distanze dall’oro di Mosca.
Se il G7 dovesse realmente imporre uno stop simile, il divieto andrebbe a interessare principalmente chi commercia l’oro. E per la Russia si tratterebbe degli oligarchi, ossia coloro maggiormente in grado di sorreggere l’intera macchina finanziaria nazionale.