Si inginocchiano in tredici sul paddock. Non Charles Leclerc ma questo significa poco. E’ lo stesso monegasco a dirlo: “Credo che ciò che conta siano fatti e comportamenti nella nostra vita quotidiana piuttosto che gesti formali che potrebbero essere considerati controversi in alcuni paesi. Non mi metterò in ginocchio, ma questo non significa affatto che sono meno impegnato di altri nella lotta contro il razzismo”. Perché i tredici piloti, per la prima volta in pista dopo lungo tempo per un Gp di Formula 1, quello d’Austria, hanno deciso di ricominciare così, come hanno fatto altri sportivi, dando vita a una forma di solidarietà al movimento Black Lives Matter, sorto in seguito alla morte di George Floyd. Fra questi, anche Lewis Hamilton, che già aveva partecipato a una delle manifestazioni organizzate come protesta e dissenso.
Gp, flop Hamilton-Vettel
Poi c’è la gara certo. Bottas parte davanti e chiude davanti. In barba al compagno di squadra e pluricampione Lewis, all’ormai separato in casa (Ferrari) Vettel, ma non al monegasco sul quale la Rossa ha puntato tutto. Leclerc si tiene a galla in un Gp inframmezzato addirittura da tre safety car, due delle quali quasi contemporaneamente, dando vita a una rimonta che gli consente di mettersi dietro, alla fine, anche uno scatenato Lando Norris. E anche Sergio Perez, entrambi nell’arco di un paio di giri. Il tutto mentre Hamilton era costretto a farsi largo nelle retrovie, per un contatto in curva quattro e anche per la penalizzazione di cinque secondi sul suo tempo derivata. Sostanzialmente un flop la sua gara, come quella di Vettel, partito in sesta fila e finito a contatto con la McLaren di colui che lo sostituirà, Carlos Sainz.
Legittimazione dell’asfalto
In pratica, Bottas ne esce vincitore su tutti i fronti. Merito della sua gara perfetta, del suo impeccabile stile di guida, sulla sua capacità di lettura della gara. Ma anche Leclerc torna dall’Austria con la legittimazione dell’asfalto: la Ferrari ha deciso di fare all-in su di lui, sul suo talento e anche sulla sua personalità. E per quella non serviva il gp d’Austria, perché di averne lo ha dimostrato fin da subito.