L’ambasciata americana in Sudan è stata evacuata. Dal presidio sono stati allontanati sia i membri del corpo diplomatico statunitense che le loro famiglie. E anche altri Pesi occidentali si preparano a mettere in atto i loro piani, Italia inclusa.
Evacuazione dal Sudan
Gli Stati Uniti hanno completato l’evacuazione del personale della loro ambasciata in Sudan. Lo riportano i media americani citando alcune fonti, secondo le quale anche le famiglie del personale dell’ambasciata sono state evacuate. L’evacuazione è stata condotta tramite un aereo militare americano, ma non è ancora chiaro dove il personale dell’ambasciata sia diretto. Con l’ evacuazione, l’ambasciata americana in Sudan è, almeno temporaneamente, chiusa.
La Francia ha iniziato una “operazione di evacuazione rapida” dei suoi cittadini e del personale diplomatico dal Sudan, dove i violenti combattimenti sono entrati nella seconda settimana. Lo ha annunciato oggi il ministero degli Esteri. Anche i cittadini europei e quelli di “Paesi partner alleati” sono stati presi in carico, ha aggiunto il ministero, senza fornire ulteriori dettagli.
Il piano dell’Italia
Diversi Paesi stranieri, tra cui l’Italia, stanno preparando l’evacuazione di migliaia di loro concittadini, anche se il principale aeroporto del Sudan rimane chiuso. L’Rsf ha promesso “piena cooperazione con tutte le missioni diplomatiche, fornendo tutti i mezzi di protezione necessari e garantendo il loro ritorno sicuro nei loro Paesi”. Il gruppo in precedenza si era detto pronto ad aprire “parzialmente” “tutti gli aeroporti” in Sudan per evacuare i cittadini stranieri. Non è stato possibile verificare quali aeroporti controlla Rsf. I combattimenti hanno provocato centinaia di morti e migliaia di feriti, mentre i sopravvissuti devono far fronte alla carenza di elettricità e cibo. Ieri, il ministero degli Esteri dell’Arabia Saudita ha annunciato “l’arrivo sicuro” di 91 dei suoi cittadini insieme ad altri provenienti da Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Tunisia, Pakistan, India, Bulgaria, Bangladesh, Filippine, Canada e Burkina Faso. Mentre le forze navali del regno trasportavano i civili attraverso il Mar Rosso da Port Sudan a Jeddah, i combattimenti sono ripresi nella capitale del Sudan Khartoum dopo una tregua temporanea.
La situazione a Khartoum
I piani di evacuazione di stranieri da Khartoum in preda allo scontro fra esercito e paramilitari sono pronti a scattare ma la situazione nella capitale è ancora troppo pericolosa e circa 200 italiani sono ancora bloccati in Sudan. L’Italia, come del resto stanno facendo altri Paesi occidentali, sta organizzando l’evacuazione dei connazionali con velivoli militari che sono già stati dislocati a Gibuti. Si lavora ad una replica dell’operazione Afghanistan, dedicata però stavolta solo ai cittadini italiani. Una riunione volta a predisporre il piano d’emergenza si è svolta a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il sottosegretario Alfredo Mantovano, il capo di Stato Maggiore della Difesa Giuseppe Cavo Dragone, il generale Francesco Paolo Figliuolo, responsabile del Comando operativo interforze, e i responsabili dell’Unità di crisi della Farnesina e dei servizi.
Le procedure americane
Anche se l’ambasciata Usa a Khartoum ha messo in guardia gli americani che qualsiasi spostamento via terra è troppo pericoloso. Gli 835 km da Khartoum a Port Sudan sono stati percorsi dai diplomatici sauditi per mettersi in salvo e lo stesso tragitto di 12 ore dovrebbe essere tentato dalla missione giordana. “La prima nave di evacuazione dal Sudan” ha attraccato a Gedda trasportando 50 cittadini sauditi. Lo ha annunciato la tv di Stato del Regno, segnalando in arrivo altre quattro imbarcazioni con 108 persone provenienti da 11 Paesi. Del resto la tregua di tre giorni concordata venerdì su pressione Usa per la fine del Ramadan ha retto solo durante la notte e in mattinata sono ripresi gli scontri. I combattimenti vengono segnalati in 24 punti di Khartoum, di cui otto in un settore della capitale sudanese dove si trova anche l’ambasciata d’Italia, peraltro sempre operativa sotto la guida dell’ambasciatore Michele Tommasi. A Khartoum ci sono stati bombardamenti indiscriminati di artiglieria e il caos è stato accresciuto da un attacco di paramilitari ad alcune carceri con la liberazione di detenuti e l’uccisione di guardie.
Fonte: Ansa