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Draghi: “Una profonda recessione è inevitabile”

"Innanzitutto dobbiamo evitare che le persone perdano il proprio lavoro. Paesi mobilitino subito intero sistema finanziario"

“Una profonda recessione è inevitabile” e “innanzitutto dobbiamo evitare che le persone perdano il proprio lavoro”. Sono i punti chiave del pensiero espresso da dall’ex presidente della Bce, Mario Draghi, in un lungo editoriale per il Financial Times in cui sottolinea che “La perdita di reddito del settore privato – e ogni debito assunto per riempirla – deve essere assorbita, totalmente o in parte, dai bilanci pubblici. Debiti pubblici più alti diventeranno una caratteristica delle nostre economie e saranno accompagnati dalla cancellazione del debito privato”. Secondo Draghi, “il corretto ruolo dello Stato è utilizzare il proprio bilancio per proteggere cittadini ed economia contro gli shock di cui il settore privato non è responsabile e che non può assorbire”. “Gli Stati hanno già fatto così in occasione di altre emergenze. Le guerre, ad esempio – osserva l’ex governatore della Banca d’Italia – “sono state finanziate da un aumento del debito pubblico”.

Lavoro

“La priorità”, spiega, “non deve essere soltanto fornire un reddito base a coloro che hanno perso il proprio lavoro. Innanzitutto dobbiamo evitare che le persone perdano il proprio lavoro. Se non lo faremo usciremo da questa crisi con un tasso e una capacità produttiva permanentemente più bassi”. Per proteggerli, “serve un immediata iniezione di liquidità”, che è “essenziale per le aziende per coprire le spese operative durante la crisi, si tratti di grandi, piccole o medie imprese o lavoratori autonomi”. E se “Una profonda recessione è inevitabile, la sfida”, afferma, “è come agire con sufficiente forza e rapidità affinché non si trasformi in una prolungata depressione, resa più profonda da una pletora di fallimenti che lascerebbero danni irreversibili”. Di fronte a una guerra non resta che una mobilitazione comune. E “come europei”, conclude Draghi, siamo chiamati “a darci supporto l’un l’altro per quella che è , in tutta evidenza, una causa comune”.

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