Don Puglisi, vandali nel luogo del martirio: “Uno dei troppi episodi”

Piazza don Puglisi Brancaccio

Foto © InTerris

Quando Papa Francesco passò per le vie di Brancaccio, il 15 settembre 2018, apparve chiaro come quel momento fosse in realtà ben più che una semplice visita pastorale. Fu un pellegrinaggio, un’esperienza di forte spiritualità e con una connotazione simbolica che andava oltre la mera rappresentanza. Per le strade del quartiere palermitano, passato alla storia per cronache legate alla presenza mafiosa nel suo territorio, aleggiava una coscienza piena del grande operato della Chiesa per i suoi abitanti.

Una pastorale incarnata da don Pino Puglisi, parroco di San Gaetano e testimone non solo della fede ma anche dei principi di salvezza e prossimità al fratello insegnati dal Vangelo. Un carisma che portò via dalla strada i giovani di Brancaccio, ai quali fu mostrata l’esistenza di una via alternativa alla criminalità, anche laddove è più difficile vederla. Una pastorale semplice ma potente, che gli costò il martirio ma che, al tempo stesso, aveva messo radici talmente profonde da cambiare per sempre il ruolo della Chiesa nel contrasto alla criminalità organizzata.

Vandali a Brancaccio

Eppure, per quanto l’esempio di don Pino abbia contribuito ad accendere i riflettori su quanto il disagio sociale faccia da nutrimento alle mafie, esiste ancora una componente di fondo che sembra opporsi al ruolo della coscienza. E persino il luogo del martirio – la piccola piazza dinnanzi all’uscio della sua casa, nel cuore di Brancaccio – finisce al centro dell’azione vandalica. Un oltraggio alla memoria del beato ma, al tempo stesso, la riprova di quanta strada occorra fare affinché le virtù cristiane e quelle sociali finiscano per coincidere. La notte del 23 ottobre, degli ignoti hanno divelto i vetri che proteggevano le fotografie della visita del Santo Padre, parte di una mostra diffusa realizzata dal Centro Padre Nostro. Non certo il primo episodio di vandalismo in un luogo che l’impegno del Centro ha trasformato in una meta di pellegrinaggio, apprendimento e meditazione, oltre che di legalità.

La pietra che segna il luogo del martirio – Foto © InTerris

Artale: “Solo uno dei tanti episodi”

“La mostra l’abbiamo inaugurata nel 2019 – racconta a Interris.it Maurizio Artale, direttore del Centro Padre nostro -. Abbiamo trasformato la piazza in un museo diffuso, con un’esposizione fotografica permanente che è di fatto ‘un’estensione’ della casa-museo di don Puglisi. Purtroppo questo è solo uno dei molti episodi di vandalismo qui e in altri luoghi simbolo della vita di don Puglisi. In questi casi, quando rompono, chiaramente acquistiamo un altro vetro. Ognuno dei quali costa 150 euro”.

Una situazione che torna a ripetersi, laddove la vigilanza posta sul luogo ha consentito un controllo limitato dell’area: “Sono state installate due telecamere ma un lato della piazza non è sorvegliato. Abbiamo chiesto che ne mettano altre due. Il Comune ha detto che provvederà”. Una richiesta che è parte di un più ampio progetto di decoro urbano della piazza: “Per il trentennale dell’omicidio di don Puglisi, abbiamo fatta un’istanza al Governo per ristrutturare tutta la piazza. Per farlo, ho ricevuto rassicurazioni su un finanziamento statale e sul contributo da parte comunale”.

“Non indietreggiamo”

È chiaro che tali episodi dimostrino quanto la narrazione di per sé non basti. È la testimonianza a dover offrire il proprio contributo perpetuo. Del resto, la memoria è una componente attiva della società, specie per dimostrare quanto stia a noi stessi emancipare il lato più debole delle nostre periferie: “Di contro a chi vuol dimostrare di ‘attenzionare’ il luogo in tal modo, noi non indietreggiamo. È una lotta di presenze. Andiamo avanti per la nostra strada. E se il contributo delle istituzioni fosse maggiore, forse sarebbe più semplice prevenire simili comportamenti. Non dimentichiamoci che la mafia si insinua nel territorio non appena si percepisce l’assenza dello Stato”.

Damiano Mattana: