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La DiaSorin lancia un reagente per il vaiolo delle scimmie

Novità sul fronte del vaiolo delle scimmie, malattia infettiva virale che può manifestarsi con una sintomatologia simile a quella del vaiolo. Prima dell’ondata di infezioni sul scala globale, era un virus raro per lo più presente solo in località remote di paesi tropicali dell’Africa centrale e occidentale. Ora, secondo l’OMS, l’epidemia di vaiolo delle scimmie, seppur in frenata, continua a rappresentare “una emergenza sanitaria internazionale”.

I casi di vaiolo delle scimmie nel mondo e in Italia

Secondo l’ultimo aggiornamento dell’Oms, dall’inizio dell’epidemia a oggi nel mondo sono 77.934 i casi di vaiolo delle scimmie confermanti e 36 i decessi. In Italia, secondo l’ultimo aggiornamento del ministero della Salute pubblicato il 1 novembre, i casi confermati dall’inizio dell’epidemia sono 896. 

DiaSorin lancia reagente per vaiolo delle scimmie

Il gruppo DiaSorin ha annunciato il lancio di una coppia di primer Analyte Specific Reagent (Asr) per la rilevazione del gene del virus del vaiolo delle scimmie, responsabile dell’emergenza sanitaria dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Lo rende noto un comunicato della società, nel quale si specifica che la coppia di ‘primer’ può essere utilizzata dai laboratori clinici per sviluppare e convalidare test molecolari a fini diagnostici, nonché da laboratori non clinici per sviluppare e convalidare test per scopi di ricerca, forensi e altri scopi non clinici.

Oms: -40% casi nell’ultima settimana

Continua a frenare l’epidemia di vaiolo delle scimmie. Nella settimana tra il 24 e il 30 ottobre nel mondo, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), si sono verificati 2.182 casi, il 40,7% in meno rispetto alla settimana precedente. Dall’inizio dell’epidemia, si contano 77.264 contagi e 36 decessi. Complessivamente, a oggi, i dieci Paesi più colpiti sono Stati Uniti (28.379 casi), Brasile (9.162), Spagna (7.317), Francia (4.094), Regno Unito (3.698), Germania (3.662), Colombia (3.298), Perù (3.048), Messico (2.654) e Canada (1.437).

Oms. “Ma vaiolo scimmie continua a essere un’emergenza”

Anche se i casi non crescono più alla velocità dei mesi scorsi, l’epidemia di vaiolo delle scimmie continua a soddisfare i criteri per essere considerata una emergenza sanitaria internazionale. È quanto ha deliberato, con due voti contrari, il Comitato per le emergenze dell’Oms. L’ente si è riunito lo scorso 20 ottobre, ma l’Oms ha comunicato la sua decisione solo ieri. “Nel complesso, le condizioni che hanno giustificato la determinazione della ‘Public Health Emergency of International Concern’ persistono, poiché l’epidemia di vaiolo delle scimmie continua a costituire un evento straordinario che pone un rischio per la salute pubblica a causa della diffusione internazionale”, ha scritto l’Oms in una nota.

L’andamento dell’epidemia, tuttavia, presenta forti differenze tra i Paesi ad alto e a basso reddito. Nei primi, spiega l’Oms, si è osservato un forte calo dei contagi, ma a oggi, non è chiaro se a determinarlo sia stato “l’adozione di comportamenti sessuali più sicuri tra le popolazioni a più alto rischio; la riduzione stagionale dei grandi assembramenti […]; l’aumento dei tassi di vaccinazione pre e post esposizione; il possibile aumento dell’immunità a seguito di infezione tra le popolazioni a più alto rischio”.

Al contrario, nei Paesi a basso reddito preoccupa, oltre alla ridotta possibilità di accesso a strumenti diagnostici, farmaci e vaccini, la forte carenza di dati: in alcune aree dell’Africa, per esempio, a oggi è difficile determinare se le infezioni siano di origine animale o se si tratti di trasmissione da uomo a uomo. Anche per queste ragioni, l’Oms al momento ha preferito adottare un atteggiamento cauto, motivato dalla “preoccupazione sulle potenziali conseguenze negative che deriverebbero dal ritiro della dichiarazione di emergenza in questo momento”, si legge.

Vaiolo scimmie: “Possibile trasmissione da asintomatici”

Una persona che ha contratto il vaiolo delle scimmie potrebbe trasmetterlo a sua volta prima ancora che manifesti i sintomi della malattia. È l’ipotesi che arriva da uno studio coordinato dalla UK Health Security Agency e pubblicato sul British Medical Journal. La ricerca ha preso in considerazione l’andamento dell’epidemia in Gran Bretagna, focalizzando l’attenzione su 2.746 persone che hanno contratto l’infezione tra maggio e agosto. I ricercatori hanno analizzato i questionari compilati dai pazienti e i dati relativi al tracciamento dei contatti, scoprendo che, almeno per una parte dei pazienti, il tempo intercorso tra la comparsa dei sintomi tra due successivi anelli della catena di trasmissione (il cosiddetto intervallo seriale) era inferiore al tempo di incubazione della malattia.

In sostanza, in una parte dei casi, il virus è passato da una persona all’altra prima della comparsa dei sintomi. Nel dettaglio il tempo di incubazione medio è risultato essere 7,6 giorni (o 7,8 in un modello di calcolo alternativo) mentre l’intervallo seriale medio 8 giorni (o 9,5). Sulla base di questi risultati, secondo i ricercatori, il periodo di isolamento per ridurre al minimo le probabilità di trasmissione dell’infezione dovrebbe essere tra i 16 e i 23 giorni.

“Le prove a supporto della trasmissione pre-sintomatica non sono definitive”, avverte un editoriale pubblicato a corredo dello studio. Tuttavia, “la scoperta è supportata da altri studi e la trasmissione pre-sintomatica potrebbe avere implicazioni per il controllo delle infezioni a livello globale”, si legge. Per esempio, affermano gli autori dell’editoriale, potrebbe non essere sufficiente la cosiddetta vaccinazione ‘ad anello’ offerta ai contatti di una persona positiva, ma per contrastare l’infezione potrebbe rendersi necessario un approccio più aggressivo che offra la vaccinazione a tutte le persone ad alto rischio.

Fonte: Ansa

Milena Castigli

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