Il Coronavirus ha messo in ginocchio l’economia italiana. Si fa spesso riferimento alla crisi economica degli anni venti del secolo scorso e, forse, il confronto non è così inesatto, come evidenziano i dati dell’Istat.
La crisi in Italia
Nei primi tre mesi, ma ricordiamo che il paese è in lockdown dalla prima decade di marzo, il Pil ha registrato un crollo senza precedenti, l’occupazione è calata, gli inattivi hanno mostrato un boom di crescita e anche i prezzi del carrello della spesa sono lievitati ai massimi da oltre tre anni. I primi effetti economici della diffusione da coronavirus mostrano quindi la battuta d’arresto della nostra economia la quale, però, ha rallentato in misura minore rispetto alle attese, considerando anche il fatto che in altri Paesi come Francia e Spagna il Pil è precipitato di oltre il 5% mentre da noi solo del 4,7%. L’Eurozona ha fatto meglio: l’economia si è contratta del 3,8%. Secondo l’Istat la discesa del pil è di “un’entità mai registrata dall’inizio del periodo di osservazione dell’attuale serie storica che ha inizio nel primo trimestre del 1995″. L’Istituto di Statistica comunque non esclude sorprese in quanto si tratta di un dato preliminare e quindi “sarà oggetto di revisione nelle prossime diffusioni, man mano che si renderanno disponibili ulteriori fonti informative. Tali revisioni potrebbero essere di entità superiore alla norma”.
Le stime del pil, il calo del mercato, la difficoltà dei dati
Qualora nei prossimi trimestri si registrasse una crescita zero, il dato acquisito per quest’anno è del -4,9%. Il primo trimestre del 2020 ha avuto lo stesso numero di giornate lavorative rispetto al trimestre precedente e una giornata lavorativa in più rispetto al primo trimestre del 2019. L’Istat evidenzia un “calo marcato e diffuso a tutte le attività economiche, particolarmente rilevante per l’industria e il terziario“. Dal lato della domanda, vi sono ampi contributi negativi sia della componente nazionale (al lordo delle scorte), sia della componente estera netta. L’istituto fa sapere che la stima del Pil “risente degli ostacoli posti dall’emergenza sanitaria in corso alla raccolta dei dati di base, che costituiscono l’input per l’elaborazione dei conti nazionali”. Per questo motivo, “sono state sviluppate azioni correttive che ne hanno contrastato gli effetti statistici e hanno permesso di elaborare e diffondere i dati relativi al primo trimestre 2020″.
L’inflazione e il tasso di disoccupazione
Ad aprile l‘inflazione registra un aumento dello 0,1% su base mensile e una variazione tendenziale nulla (da +0,1% del mese precedente). In particolare, i beni energetici amplificano la loro flessione nella componente regolamentata (-13,9%) e in quella non regolamentata (-7,6%) e questa dinamica è solo in parte compensata dall’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari (+2,8%) e, in misura minore, dalla riduzione della flessione dei prezzi dei servizi relativi alle comunicazioni (-1,3%). L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, rimane stabile a +0,7%, mentre quella al netto dei soli beni energetici accelera da +0,7% a +0,9%. Ai massimi ad aprile, in pieno lockdown per la pandemia di coronavirus. I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona sono cresciuti da +1,0% a +2,6% mentre la crescita di quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto è passata da +0,6% a +0,8%. L’andamento del tasso di disoccupazione non risente a pieno dell’effetto-pandemia, in quanto il lockdown è scattato dopo la prima decade di marzo. Però questo sarebbe indicativo di una tendenza che perdurava prima dello tsunami emergenziale. A marzo, il tasso si è attestato all’8,4% in diminuzione dello 0,9% rispetto a febbraio e del 2% rispetto a marzo 2019. Giù anche quello giovanile.
Le stime sul lavoro
Il tasso di occupazione a marzo è diminuito dello 0,1% al 58,8%. Sono 27mila posti di lavoro in meno rispetto a febbraio. A confronto con marzo 2019, il tasso invece cala dello 0,5% pari a 121mila posti di lavoro. Una buona notizia, ma gli effetti del lockdown non erano ancora evidenti in quanto si sono manifestati a partire da metà mese. In forte rialzo invece il numero degli inattivi, ossia le persone che non fanno parte delle forze di lavoro (quelle non classificate come occupate o disoccupate). Balza del 2,3%, pari a +301mila unità, tre volte più elevata tra gli uomini (+3,9% pari a +191mila) rispetto alle donne (+1,3% pari a +110mila). Il tasso di inattività va al 35,7% (+0,8 punti). In forte diminuzione il numero delle persone in cerca di lavoro (-11,1% pari a -267mila unità). Un andamento che coinvolge sia le donne (-8,6%, pari a -98mila unità), sia gli uomini (-13,4%, pari a -169mila).
L’occupazione sembra tenere
Per l’Istat, l’occupazione ha mostrato una “sostanziale tenuta” anche per effetto dei decreti di “sostegno all’occupazione e ai lavoratori per la difesa del lavoro e del redditi”. Sulla stessa lunghezza d’onda, l’analisi dell’esperto, Francesco Seghezzi, Presidente di Fondazione Adapt osserva: l’occupazione ha tenuto perché “la scelta italiana è stata quella di fare un blocco dei licenziamenti e di lavorare sulla cassa integrazione“.