Cosa cambia con la morte di Nasrallah. L’analisi di Giuseppe Dentice

L’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah può aprire una nuova fase del conflitto. Interris.it ha chiesto a Giuseppe Dentice, responsabile del Desk Medio Oriente e Nord Africa del Ce.SI, quali sono i possibili scenari 

Nell'immagine: a sinistra foto di ErikaWittlieb da Pixabay, a destra a sinistra Giuseppe Dentice (foto © Ce.S.I.)

L’escalation in Medio Oriente continua. L’uccisione del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah in un attacco israeliano sul quartiere generale dell’organizzazione in uno dei quartieri meridionali di Beirut, in Libano, segna un momento forse decisivo nella crisi scoppiata lo scorso 7 ottobre. I molteplici attacchi sul Paese dei Cedri, che non si fermano, culminano con la decapitazione del movimento sciita libanese e privano l’Iran di una figura fondamentale per la propria politica estera. Di nuovo, come da quasi dodici mesi, ci si chiede cosa farà Teheran.

Il ritratto di Nasrallah

“Un leader di primissimo piano, una figura popolare e un riferimento per la politica araba e mediorientale”. Con questi tratti Giuseppe Dentice, responsabile del Desk Medio Oriente e Nord Africa del Ce.SI – Centro Studi Internazionali, disegna a Interris.it il profilo di Nasrallah. “Salito al potere nel 1992, ha trasformato Hamas da milizia molto legata al Libano ad attore politico di primo piano e organizzazione transnazionale con legami in tutto il Medio Oriente”, continua l’analista. “Era anche diventato fondamentale per politica estera dell’Iran, pur mantenendo la sua autonomia da Teheran”, aggiunge lo studioso.

La successione

La sua morte avrà probabilmente effetti sul piano dell’organizzazione del ‘Partito di Dio’, su quello regionale e anche sull’interazione tra Hezbollah e Israele. Innanzitutto, dovrà essere nominato il suo successore. “Il nuovo capo dovrà essere una figura riconosciuta dal movimento e dall’Iran, il principale sostenitore economico, politico e militare di Hezbollah”, illustra Dentice. “Dovrà anche creare nuovi rapporti con il mondo libanese, perché quello che è successo potrà far venire la fiducia della popolazione nel gruppo e nei suoi vertici”. Il nome più probabile sembra essere quello di Hashem Safieddine, cugino dell’ex leader, “che a stretto contatto con lui gestiva contatto l’ufficio politico del movimento”, illustra l’analista Ce.SI.

La reazione

Per il principio di azione e reazione, se la prima è stata di Israele allora la seconda è di Hezbollah – e non solo. La leadership del partito-milizia in un comunicato ha annunciato che “che continuerà il suo jihad contro il nemico”. Israele dal canto suo sa di aver davanti “giorni difficili”, come li ha definito il colonnello Daniel Hagari, e il portavoce dell’esercito israeliano Nadav Shoshani ha affermato che gran parte dell’arsenale di Hezbollah è ancora intatto e “la minaccia non è scomparsa”. “La risposta alla morte di Nasrallah potrà essere un colpo più duro che un lancio di razzi”, riflette l’esperto, che sposta l’attenzione sul ruolo dell’Iran “che non potrà restare ai margini, dato lo stretto legame con l’ex vertice del movimento”.

Israele

Anche dopo l’uccisione di Nasrallah, Israele ha continuato a colpire il sud della capitale del Paese dei Cedri. Intende proseguire l’escalation? “Potrebbe avere anche interesse a fermarsi o a voler proseguire finché non avrà estirpato Hezbollah”, ipotizza l’analista. “Ma significherebbe intraprendere un’operazione via terra, con la milizia sciita libanese preparata alla guerriglia che potrebbe dimostrarsi capace di resistere”, valuta Dentice.

Il ruolo di Teheran

L’esercito israeliano in breve tempo ha tolto dalla scacchiera mediorientale due pedine illustri del cosiddetto asse della Resistenza, prima il capo politico di Hamas Ismail Hanyieh mentre si trovava a Teheran per il giuramento del nuovo presidente iraniano, ora il leader di Hezbollah. “Finora la Repubblica islamica non si è voluta far coinvolgere nel conflitto ma non è detto che possa mantenere ancora questo atteggiamento, dovrà dare un segnale anche per rispondere alle proprie necessità domestiche”, osserva l’esperto. Il vicepresidente iraniano per gli affari internazionali, l’ayatollah Mohammad Hassan Akhtari, ha rievocato l’invio di truppe in Libano come nei primi anni Ottanta. “Le possibilità sono tante, dai missili alle operazioni militari al fianco di Hezbollah fino agli attacchi terroristici in giro per il mondo, decisiva è la volontà politica”. Nella strategia potrebbero rientrare anche le milizie della galassia iraniana in Siria, Iraq e Yemen, i ribelli Houthi. “Siamo in una nuova fase del Medio Oriente e non è detto che quella che seguirà sarà più stabile della precedenti, anzi forse ci sarà ancora pure confusione”, conclude Dentice.