Infine è arrivata a Roma l’ondata di rivolta che sta sconvolgendo le carceri italiane. In giornata, i penitenziari di Rebibbia e Regina Coeli sono finiti al centro della stessa sommossa che ha animato gli altri istituti italiani, tradotta in roghi in numerosi bracci e, probabilmente, con alcune evasioni. Dapprima la protesta è esplosa nel carcere di Rebibbia, rientrata attorno alle ore 16, mentre dall’istituto di Lungotevere viene segnalato fumo dai locali, scena speculare a quanto visto a San Vittore, a Milano. Con i due carceri romani, si allarga a 26 il ventaglio delle sommosse, dal Nord al Sud. In azione diverse squadre dei Vigili del fuoco, intervenute per spegnere diversi focolai su richiesta della Polizia Penitenziaria. Anche le infermerie sarebbero state prese d’assalto dai detenuti.
Tavoli e proteste
Decisamente critica la giornata a Rebibbia, dove un nutrito gruppo di familiari dei detenuti, soprattutto donne con bambini, hanno bloccato per diverso tempo via Tiburtina, in solidarietà con la protesta esplosa all’interno del reparto G11. Il tutto mentre, in mattinata, è stato svolto il tavolo di confronto fra i direttori, con il garante Stefano Anastasia a spiegare che “le prime misure per alleggerire i penitenziari” sono in corso di valutazione, ovvero “domiciliari, per chi rientra nei termini e liberazione anticipata”. Al momento, non si segnalano casi di Covid-19 all’interno dei carceri ma è stato “richiesto i termo scanner: il problema è per chi dall’esterno accede alle strutture, il rischio che contagi qualcuno è troppo alto. Ecco perché sono stati sospesi i colloqui e questa decisione ha generato un effetto domino nelle proteste”.
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