Stava per saltare il banco alla Cop27 di Sharm el-Sheikh. L’accordo sul mantenimento degli standard stabiliti a Glasgow sul riscaldamento globale (da mantenere entro 1,5 gradi) sembrava non essere sufficiente per garantire il pieno successo dell’assemblea dei Paesi sull’emergenza climatica e ambientale. Per il rotto della cuffia, però, i Paesi ricchi e quelli in via di sviluppo trovano il punto di convergenza, garantendo la creazione di un fondo da destinare alle Nazioni vulnerabili e in condizione di povertà. Un risultato che, se da un lato salva il banco, dall’altra lascia l’amaro in bocca per una difficoltà di intesa che ha seriamente messo a rischio l’unità di intenti su una tematica che, ormai da tempo, occupa le primissime posizioni in seno al dibattito pubblico. La stessa Unione europea ha espresso delusione per una “mancanza di ambizione” riscontrata nell’accordo finale. Anche sul tema della riduzione delle emissioni di CO2.
Cop27, accordo e delusione
La conferenza per il clima, in sostanza, si chiude secondo un leitmotiv fin troppo utilizzato per eventi di questo tipo. Accordo sì ma con tante, troppe riserve. In questo senso, il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, in chiusura della Cop27 si è detto poco soddisfatto: “Quello che abbiamo davanti non è abbastanza da costituire un passo in avanti per la popolazione del pianeta. Non porta sufficienti sforzi aggiuntivi da parte degli inquinatori maggiori per un incremento e un’accelerazione delle loro emissioni”. La transizione in direzione delle fonti rinnovabili, in sostanza, sarebbe ancora indietro rispetto a quanto preventivato. Sia per gli obiettivi del 2030 che per quelli del 2050. Chiaramente, anche la crisi economica e geopolitica ha rallentato le operazioni, in primis per la popolazione. L’eliminazione delle fonti fossili dovrà passare innanzitutto dalla riduzione e poi dalla scomparsa dei sussidi. Requisito che il documento finale prende largo, parlando di emissioni ridotte ma non di abbattimento.
Più dubbi che risposte
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, segue la linea dell’Ue: “Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni ora, e questo è un tema che questa Cop non ha affrontato. Un fondo per i loss and damage è essenziale, ma non è una risposta alla crisi climatica che spazza via una piccola isola dalla mappa, o trasforma un intero paese africano in un deserto. Il mondo ha ancora bisogno di un passo da gigante sull’ambizione climatica. La linea rossa che non dobbiamo superare è la linea che porta il nostro pianeta oltre il limite di 1,5 gradi di temperatura”. Per raggiungere l’obiettivo, servirebbe il 43% di riduzione delle emissioni entro il 2030. Uno standard a distanza siderale, considerando che la decarbonizzazione, al momento, consente appena uno 0,3% rispetto al 2019. La Cop27, in sostanza, più che dare risposte lascia dubbi.