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Confindustria: “Prospettive incerte per l’export italiano”

L'impatto economico del crollo del trasporto marittimo attraverso il Canale di Suez è condizionato dalla sua durata, riporta il centro studi di via dell'Astronomia

E’ un inizio 2024 “con nuove tensioni”, “nuovi rischi” per l’economia, avverte il centro studi di Confindustria delineando lo scenario con l’analisi mensile ‘congiuntura flash’. Rischi “dovuti alla forte riduzione dei transiti nel canale di Suez per gli attacchi del gruppo yemenita degli Houti. I prezzi di gas e petrolio non ne hanno risentito finora ma restano alti”. “A fine 2023 il Pil italiano potrebbe essere andato meglio dell’atteso”, sono “ripartiti servizi e costruzioni” ma “l’industria resta debole”. Inflazione “ai minimi” in Italia ma “non ancora in Europa. I tassi quindi potrebbero rimanere alti ancora per alcuni mesi”. 

Inflazione

“Inflazione bassa in Italia, non ancora in Europa”: gli economisti di via dell’Astronomia evidenziano che se “l’inflazione italiana è scesa ancora a dicembre (+0,6% annuo, da +0,7%)” è “balzata, invece, in Germania (+3,8% da +2,3%) e Francia (+4,1% da +3,9%), tanto che nella media Eurozona è risalita al +2,9% (da +2,4%)”. E’ l’effetto dei prezzi dell’energia che “ora calano molto di più in Italia” rispetto alla Germania che “li aveva frenati molto a dicembre 2022”. I tassi sono “attesi in calo” ma il centro studi di Confindustria, diretto da Alessandro Fontana, mette in evidenza che “il recente aumento dell’inflazione non ha intaccato l’ottimismo dei mercati ma può frenare le mosse Bce”. “I tassi sovrani non hanno risentito delle riforme riguardanti l’Europa (accordo sul Patto di Stabilità, mancata ratifica del Mes): il Btp italiano a gennaio è stabile a 3,63%, il Bund a 2,14%; lo spread si mantiene a 149 punti. Ciò riflette le attese al ribasso sui tassi delle banche centrali: i mercati si aspettano il tasso Fed ancora fermo a fine gennaio (5,50%) e il primo taglio a marzo; anche nell’Eurozona si attendono tassi Bce fermi questo mese (4,50%) e un taglio a marzo-aprile”. Pesa anche il “credito più caro” con “a novembre un ennesimo aumento del costo del credito per le imprese italiane (5,59% in media)”, di contro “per il secondo mese si attenua la caduta dei prestiti (-4,8% annuo, da un minimo di -6,7% a settembre), sebbene il credito rimanga un fattore di freno per investimenti e consumi”. Sono “meno negativi” i dati sugli investimenti, con “una dinamica meno sfavorevole nel quarto trimestre, dopo il calo nel terzo: migliorano le condizioni per investire, che rimangono però negative, e la previsione sulla spesa in beni di capitale. La domanda gioca poco a favore”, con la fiducia delle imprese in calo. Nello scenario anche “consumi incerti”, pur con la fiducia delle famiglie che “è risalita”. “Cresce il lavoro” con +450mila occupati a novembre da fine 2022. La crescita a ottobre-novembre (+122mila) è interamente ascrivibile ai lavoratori a tempo indeterminato (+0,9%, +143mila), calano i lavoratori a tempo determinato (-0,3%) e indipendenti (-0,3%)”. Il settore dei servizi è “in risalita” ma per l’industria si registra un “brusco calo”. A inizio 2024 pesa anche il blocco di Suez che “se prolungato può peggiorare lo scenario”. Nello scenario internazionale, le economie europee si muovono con “ritmi divergenti”: Italia e Germania soffrono, positiva la performance di Spagna e Francia. I dati Usa lasciano un punto interrogativo sul rischio che l’economia americana sia ora in frenata. Bene la Cina che accelera con un quarto trimestre sopra le attese ma comunque con attese “prudenti” sul 2024.

Export

Gli economisti di via dell’Astronomia segnalano “prospettive incerte per l’export italiano”, con “segnali di miglioramento a fine 2023” ma “prospettive per il 2024 non rassicuranti”. Saranno “cruciali” le rotte marine, un fattore legato alla crisi di Suez. E’ il tema di un approfondimento del centro studi di Confindustria. “L’export di prodotti italiani si è ridotto nel 2023, in un quadro di profonda debolezza della domanda mondiale di beni”, ma con “segnali di miglioramento a fine anno. Nel quarto trimestre, l’export italiano è stimato in recupero (+1,5% in ottobre-novembre sul terzo), seppure con una dinamica mensile altalenante”. L’analisi evidenzia una “alta variabilità” settore per settore ed a seconda dei diversi mercati di sbocco. Export e produzione italiane sono in espansione in settori centrali, fortemente integrati nelle catene globali del valore, come i mezzi di trasporto (anche grazie alla ripartenza dell’automotive), i macchinari e impianti, gli apparecchi elettrici. Hanno aumentato la produzione, pur in presenza di un calo dell’export, il comparto dei prodotti petroliferi, il farmaceutico (che aveva registrato un boom dell’export con l’emergenza sanitaria) e i prodotti elettronici. Sono in generale calo, invece, i settori energy intensive (come legno e carta, metallurgia e prodotti in metallo, minerali non metalliferi), maggiormente penalizzati dall’energia ancora cara nel 2023″. In media “i comparti che hanno registrato risultati migliori all’estero mostrano una dinamica più favorevole della produzione industriale (e viceversa), confermando l’importanza della domanda estera come attivatore della manifattura italiana, e come cartina di tornasole della sua competitività rispetto agli altri paesi”. Quanto ai diversi mercati, con “dinamiche dell’export italiano molto eterogenee”, sono “aumentate le connessioni con gli Usa” mentre “è fortemente diminuita la quota cinese in Italia, in particolare nei prodotti elettronici e Ict. tuttavia, hanno registrato un boom gli acquisti di autoveicoli cinesi (+165% nei primi undici mesi del 2023), mentre si sono dimezzate le rispettive vendite italiane in Cina. Gli acquisti dalla Russia sono risultati decimati (-85%), con il sostanziale blocco delle forniture di petrolio e gas. Le filiere farmaceutiche si sono in parte spostate dal Belgio (grande hub europeo) verso Svizzera, Paesi Bassi, Usa”.

Rotte marine

Le difficoltà di transito nel canale di Suez rendono “incerte” per prospettive per l’export italiano del 2024. “L’impatto economico del crollo del trasporto marittimo attraverso il Canale di Suez è fortemente condizionato alla sua persistenza: più è prolungato, maggiori saranno gli effetti negativi sul commercio estero italiano e globale”, evidenzia ilc entro studi di Confindustria con un approfondimento sullo scenario per le esportazioni. “A metà gennaio, il traffico di navi nel mar Rosso si è più che dimezzato e il costo di trasporto dei container dall’Asia all’Europa è aumentato del 92%”. Le rotte marine sono “cruciali”, avvertono gli economisti di via dell’Astronomia: “Il 90% del volume degli scambi globali avviene via mare” e prima della crisi “il 12% transitava per il Canale di Suez”. Per l’Italia “il 54% degli scambi è via nave, di cui il 40% tramite Suez; soprattutto, via mare transita più del 90% dei flussi italiani con i principali paesi a est del Mar Rosso (in Asia e parte del Medio Oriente). Potenzialmente esposti sono: gli scambi di petrolio e gas (da Kuwait, Qatar, EAU, Iraq; parte del petrolio dell’Arabia Saudita è invece imbarcato a nord dello Yemen), quelli di beni elettronici e apparecchi elettrici (oltre la metà dell’import extra-UE viene dalla Cina), quelli di prodotti in pelle (quasi un terzo viene dalla Cina), quelli di macchinari (soprattutto in uscita verso i principali paesi asiatici)”

Fonte Ansa

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