La pandemia ha scatenato una nuova crisi economica e a farne le spese sono stati soprattutto i giovani. Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), la fascia tra i 15 e i 24 anni ha subito, dall’inizio del 2020, una perdita di posti di lavoro molto più elevata rispetto agli adulti, facendo salire il numero dei giovani disoccupati nel mondo a 75 milioni nel 2021. Quest’anno il numero dovrebbe diminuire a 73 milioni, ma servirà un calo altri sei milioni per tornare al livello pre-pandemia. Si acuiscono intanto le differenze: tra donne e uomini, perché sono le prime ad essere più penalizzate, e tra Paesi poveri e ricchi, perché questi ultimi torneranno più in fretta alla situazione del 2019.
Giovani e divario di genere
Intanto in Italia arrivano segnali positivi sul fronte del lavoro: a luglio le ore di cassa integrazione scendono del 19,4% rispetto allo scorso giugno e del 79,7% rispetto al luglio del 2021. Secondo l’Ilo, i giovani sono stati colpiti “in modo sproporzionato” dalla pandemia. Ad esempio, il Covid ha annullato tutti i progressi fatti nell’ultimo decennio per ridurre il numero di Neet, cioè i giovani senza lavoro, istruzione o formazione. Nel 2020 (l’ultimo anno per il quale è disponibile una stima globale) sono saliti al 23,3%, il livello più alto da 15 anni. Le giovani donne hanno pagato il prezzo più alto, registrando un tasso di partecipazione alla forza lavoro ancora più basso di quello dei loro colleghi. Su scala mondiale, si stima che nel 2022 solo il 27,4% delle giovani sarà occupata, rispetto al 40,3% degli uomini. Questo significa che i ragazzi hanno il 50% in più di probabilità di trovare lavoro rispetto alle ragazze. Il divario occupazionale di genere – che non ha registrato segni evidenti di riduzione negli ultimi due decenni – è maggiore nei Paesi a reddito medio-basso, dove si attesta a 17,3 punti percentuali. Ed è invece più contenuto nei Paesi a reddito elevato (2,3 punti percentuali). Altrettanto importanti le differenze tra le diverse regioni nel mondo. Solo i Paesi ad alto reddito raggiungeranno tassi di disoccupazione giovanile vicini ai livelli del 2019 entro la fine del 2022, mentre in quelli a medio e basso reddito dovrebbero rimanere superiori di oltre un punto percentuale ai valori pre-crisi.
Nel mondo
In Europa e in Asia centrale, ad esempio, il tasso di disoccupazione giovanile dovrebbe essere di 1,5 punti percentuali superiore alla media globale nel 2022, rispettivamente del 16,4% contro il 14,9%. Ma, sottolinea il rapporto, a causa della guerra in Ucraina andranno persi tutti i progressi fatti soprattutto per ridurre la disoccupazione delle giovani donne. Nei Paesi dell’America Latina il tasso continua ad essere “preoccupante”, con proiezioni del 20,5% nel 2022. Il quadro è radicalmente diverso nell’America del Nord, dove il tasso di disoccupazione giovanile si attesta all’8,3%. Negli Stati arabi c’è invece il tasso più alto e in più rapida crescita al mondo, pari al 24,8%, secondo le previsioni dell’Ilo. La situazione è peggiore per le giovani donne: il 42,5% di esse nel 2022 non avrà un lavoro, un tasso quasi tre volte superiore a quello globale (14,5%). Mentre in Africa, nel 2020, più di un giovane su cinque non aveva un lavoro, un’istruzione o una formazione. Una tendenza in continuo aumento. Secondo l’Ilo, però, la transizione ecologica e digitale daranno opportunità significative che soprattutto i giovani potranno cogliere. Grazie agli investimenti in arrivo, il prodotto interno lordo globale salirebbe del 4,2% e creerebbe 139 milioni di posti di lavoro aggiuntivi per i lavoratori di tutte le età, di cui 32 milioni sarebbero destinati ai giovani.