Cementificazione, abbandono, nubifragi e frane: sono i fattori che hanno influito sulla perdita del terreno fertile in Italia. Ecco quanto ne abbiamo perso secondo quanto emerge da una ricerca Coldiretti.
Terreno fertile: ecco quanto ne ha perso l’Italia
A causa della cementificazione e dell’abbandono l’Italia ha perso quasi 1/3 (30%) dei terreni agricoli nell’ultimo mezzo secolo, con la superficie agricola utilizzabile che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari ed effetti sulla manutenzione e pulizia del territorio, sulla tenuta idrogeologica del Paese e sulla dipendenza agroalimentare dall’estero. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento agli effetti degli ultimi nubifragi e frane che hanno devastato il territorio, da Bardonecchia alla Valle d’Aosta. Oggi in Italia – sottolinea la Coldiretti – oltre 9 comuni su 10 in Italia (il 93,9% del totale) secondo l’Ispra hanno parte del territorio in aree a rischio idrogeologico per frane ed alluvioni anche per effetto del cambiamento climatico in atto con una tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, il rapido passaggio dal sole al maltempo e precipitazioni brevi ed intense. Nel 2023 si sono verificati lungo la Penisola una media di quasi 11 eventi estremi al giorno che si sono abbattuti su un territorio piu’ fragile con vittime e danni incalcolabili, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Eswd. Per effetto delle coperture artificiali il suolo non riesce a garantire l’infiltrazione di acqua piovana che scorre in superficie aumentando la pericolosità idraulica del territorio nazionale. Per questo, secondo la Coldiretti, “l’Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo delle aziende agricole, dalle campagne alle montagne fino ai boschi dove occorre aprire una nuova stagione di manutenzione forestale”. Occorrono in particolare interventi tesi a valorizzare il ruolo delle aziende agricole, forestali e degli allevatori che presidiano gli alpeggi “per garantire una maggiore resistenza dei territori agli eventi che sempre più sono caratterizzati da forti rovesci che non trovano una montagna in grado di assorbire e drenare le grandi quantità d’acqua cadute“.
Fonte Ansa