L’apertura del XX Congresso nazionale del Partito Comunista cinese riporta a galla le tensioni mai sopite fra Pechino e Taipei. Con la nuova rivendicazione di sovranità arrivata dal presidente Xi Jinping, che riferisce di voler risolvere “la questione Taiwan” in quanto “un affare del popolo cinese. E spetta al popolo cinese decidere”. Parole che risollevano un polverone dopo la nuova escalation registrata in estate: “Insistiamo – ha detto Xi – sulla prospettiva di una riunificazione pacifica con la massima sincerità e i nostri migliori sforzi. Ma noi non prometteremo mai di rinunciare all’uso della forza e ci riserveremo di prendere tutte le misure necessarie”. Con particolare riferimento alle “forze esterne”. Parole, quest’ultime, che lasciano intendere in modo abbastanza marcato la posizione degli Stati Uniti che, durante il mese di agosto, hanno avviato trattative commerciali con l’isola.
Il discorso di Xi
In sostanza, secondo Xi Jinping, “la riunificazione completa della nostra madrepatria deve essere realizzata e sarà sicuramente realizzata”. In un contesto nazionale che vede anche in Hong Kong un focolaio di protesta, per il momento sopito. Il Porto profumato, secondo il presidente cinese, “è passato dal caos alla stabilità“, soprattutto grazie all’amministrazione cittadina affidata a “patrioti”. La disposizione del modello “un Paese, due sistemi”, ha spiegato Xi in relazione all’impostazione amministrativa che regola i rapporti di Pechino con Macao e la stessa Hong Kong, avrebbe aiutato la città “a entrare in una nuova fase”. Anche se le proteste di massa pre-pandemia rappresentano ancora un avvenimento vicino nel tempo e tutt’altro che dimenticato dalla Comunità internazionale.
La replica di Taiwan
Ma se da Hong Kong non arrivano per il momento delle reazioni alle parole del presidente cinese, da Taiwan la replica non si è fatta attendere. Taipei, da parte sua, assicura che non ci saranno compromessi con Pechino, pur ritenendo il confronto militare un’ipotesi non percorribile. Il portavoce dell’Ufficio presidenziale, Chang Tun-han, ha ribadito che per il popolo di Taiwan “la sovranità territoriale, la democrazia e la libertà non possono essere compromesse”. Una risposta netta alle parole del presidente cinese che, invece, ha tutt’altro che scongiurato l’uso della forza per completare il processo di riunificazione.