A Charpentier e Doudna, inventrici del metodo Crispr, il Nobel per la Chimica

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A Emmanuelle Charpentier, Jennifer Doudna e alla loro ricerca sul metodo Crispr va il Premio Nobel per la Chimica, assegnato dall’accademia di Stoccolma. Un lavoro, quello portato avanti dalle due scienziate, che ha permesso loro di “riscrivere il codice della vita”, sperimentando un sistema che ha rivoluzionato il lavoro sul genoma umano. Un lavoro che ha permesso di migliorare i metodi di cura di numerose malattia su base genetica, oltre che incoraggiare ricerche e sperimentazioni contro mali come il cancro. Il Crispr, che ha conosciuto un intenso dibattito fin dalla sua prima sperimentazione, viene considerato una sorta di metodo di riscrittura del Dna. In grado di modificare informazioni genetiche grazie all’utilizzo di uno strumento ad altissima precisione.

Il metodo Crispr

Per intero, sarebbe noto come Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats. Abbreviato nel più semplice Crispr, anche se il procedimento è tutt’altro che di facile applicazione. Al momento, trattandosi di una scoperta sostanzialmente recente (presentata nel 2012, “scoperta dell’anno” fu dichiarata nel 2015) non applicata direttamente sull’uomo, la valenza scientifica del metodo è nel suo contributo all’attività di ricerca di base. Il Crispr ha permesso di ricreare modelli di malattie trasmissibili all’uomo, aprendo innumerevoli campi di studio. Sperimentazioni sono avvenute anche su alcune forme di tumore alla fibrosi cistica e persino sulla possibile cura di malattie ereditarie. Secondo il presidente del Comitato Nobel per la Chimica, Claes Gustafsson, il metodo “non ha soltanto rivoluzionato la ricerca di base, ma ha portato a mettere a punto colture innovative e portato a nuovi trattamenti medici”.

Un Premio per le donne

Non era mai accaduto, finora, che due donne condividessero il Nobel nell’ambito scientifico. Un successo che, naturalmente, sia la francese Charpentier che la statunitense Doudna hanno declinato anche in questo senso. “Le donne – ha dichiarato la scienziata francese – possono lasciare un segno importante nella scienza. Ed è importante che lo sappiano le ragazze che vogliono lavorare nella ricerca”. La collaborazione fra le due ricercatrici è iniziata nel 2011, quando alla ricerca di Charpentier sul batterio Streptococcus pyogenes si era aggiunto l’apporto dell’americana. Al fine di ricostruire, dall’arma del batterio, le cosiddette “forbici molecolari”, in grado di modificare, attraverso un’operazione di taglio, le molecole della vita. Aprendo frontiere fin lì inesplorate della ricerca sul Dna.

Damiano Mattana: