“La situazione non è delle migliori”, dichiara a Interris.it Claudia Cappelletti, responsabile di scuola Legambiente, interpellata sullo “stato di salute” degli edifici scolastici e della qualità dei servizi, dalle mense alle palestre fino alla mobilità collettiva sostenibile. L’associazione ambientalista ha raccolto nella ventitreesima edizione del suo rapporto “Ecosistema Scuola” , presentato oggi, le criticità degli immobili e le carenze di proposte che rendano la scuola un presidio educativo anche oltre le ore di lezione. Un quadro generale che vede comunque il Nord andare a una velocità diversa dal Sud e con il 40% dei fondi del Pnrr stanziati ancora “fermi” ancora alla fase di progetto.
I dati
L’indagine, con dati riferiti al 2022, ha riguardato 6.343 edifici scolastici, frequentati da 1,2 milioni di studenti e studentesse, in 93 capoluoghi di provincia su 110. “Una scuola su due non dispone del certificato di agibilità e neppure di quella sulla prevenzione incendi”, continua, “nonostante l’incremento dei fondi, non sono stati sufficienti per soddisfare il fabbisogno del patrimonio immobiliare degli edifici scolastici né sono state costruite nuove scuole”. Negli ultimi cinque anni – in un territorio dove nel 2023 si è registrato un terremoto ogni mezz’ora – solo il 3,4% ha realizzato gli interventi di adeguamento sismico, evidenzia il report. Una buona fetta dei 40mila edifici scolastici italiani, scrive sempre Legambiente, è stato costruito prima della normativa antisismica del 1974.
L’intervista
Dal vostro rapporto emerge che, tolto il nord Italia, nel nostro Paese un edificio scolastico su due necessita di interventi urgenti. Le nostre scuole sono sicure?
“Gli interventi sono di due tipi, cioè manutenzione ordinaria o straordinaria. Nel primo caso si tratta per esempio di risistemare o rinnovare l’impiantistica o di migliorare l’efficientamento energetico, magari facendo il cappotto termico o cambiando le finestre. Nel secondo, le indagini diagnostiche dei solai, la cronaca negli ultimi anni ci ha raccontato che la maggior parte degli incidenti negli edifici scolastici è dovuta al crollo dei solai. Quando si interviene lo si dovrebbe fare per tutte le esigenze dell’edificio, e non solo su una parte”.
Di quali servizi sono carenti le scuole italiane?
“Innanzitutto di mense, palestre e spazi attrezzati per la didattica laboratoriale all’aperto e la socializzazione, ma anche dei servizi collettivi per la mobilità e di fondi per il supporto delle famiglie. Dato che per alcuni alunni il servizio mensa è l’unico momento della giornata per consumare un pasto, come Legambiente pensiamo che per le fasce più debole debba essere gratuita”
Nel report scrivete che il 40% degli interventi finanziati con i fondi del Pnrr è ancora fermo allo stato di progetto. Cosa si è fatto con l’altro 60%?
“In merito alle misure legate ai fondi del Pnrr, scuole innovative, palestre, tempo pieno e riqualificazione scolastica, in base agli ultimi dati abbiamo visto che mediamente il 46% delle risorse stanziate è stato assegnato, il 12% è in fase di gara e il 41,8% è ancora nella fase di progetto – con la scadenza al 2026 il tempo stringe. Inoltre, spesso si dice che con questi fondi si vogliono realizzare nuove mense e nuove palestre ma poi si osserva che vengono utilizzati per riqualificare l’esistente, per il quale ci sono fondi nazionali, così non si aumenta il numero di edifici scolastici con questi impianti”.
Ogni inverno sentiamo parlare di alunni che soffrono il freddo in classi gelide. L’efficientamento energetico può risolvere questo problema?
“Il cappotto termico servirebbe proprio a questo. Una scuola ben isolata con le coperture è più calda in inverno e più fresca a settembre e a giugno, risparmiando pure sui consumi. Dato che si parla di tenerle aperte anche in altri periodi dell’anno, questo è un modo per garantire vivibilità agli alunni. Inoltre con gli impianti rinnovabili si possono abbattere i consumi, in alcuni casi anche oltre il 100%, e questo consente alle amministrazioni di investire risorse altrove”.
La scuola è un presidio educativo non solamente nelle ore di lezione: cosa fare per contrastare la povertà educativa e l’abbandono scolastico, riducendo così le diseguaglianze?
“Potenziare gli impianti sportivi e magari tenerli aperti anche in orario extrascolastico per permettere di praticare gli sport. Tempo pieno con le mense per allargare il tempo scuola e per poter fare laboratori, teatro, musica e attività collaterali organizzate e gestite da associazioni sul territorio. Poi attrezzare quegli spazi all’aperto inutilizzati per fare socializzazione e iniziative attivando patti di comunità”.
Le nostre città sono congestionate dal traffico su gomma e coperte da una coltre di smog. Come promuovere le forme di mobilità collettiva sostenibili?
“Abbiamo osservato un calo dello scuolabus, mentre sta prendendo piede il pedibus, anche se ne usufruisce il 4,1% delle scuole, maggiormente al nord. Nel Centro Italia si fanno solo sporadiche sperimentazioni mentre dove il clima è tendenzialmente più favorevole, nel sud e nelle isole, queste forme non vengono attivate. Le condizioni atmosferiche consentirebbero comunque di attuarle durante l’intero periodo dell’anno scolastico. Un’altra importante questione è quella delle strade scolastiche, vanno implementate per evitare il traffico davanti agli edifici”
Guardando verso un orizzonte di più lungo periodo, cosa fare in quelle aree interne più colpite dallo spopolamento?
“Il nostro ragionamento, in generale, è quello di offrire una scuola diversa per questi posti, aperta ai ragazzi fragili del territorio. Dove la popolazione diminuisce, mantenere quanto si sta già investendo per evitare le cosiddette ‘classi pollaio’ e migliorare la vivibilità degli alunni. Dove invece riscontriamo una carenza di studenti, utilizzare la scuola anche in orario di chiusura per proporre attività collaterali”.