Capitol Hill, l’ultimo messaggio dell’aggressore: “Vivrò senza una casa”

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Tre mesi fa fu un assalto in piena regola, proprio mentre alla Casa Bianca si contavano gli ultimi giorni della presidenza di Donald Trump. Stavolta è il gesto di un folle a gettare nel terrore Capitol Hill, in un’azione scellerata che ha ricordato da vicino momenti di paura vissuti in altre parti del mondo negli ultimi anni. Non si tratta di terrorismo secondo le Forze dell’ordine, ma la sostanza non cambia di molto. Un’automobile guidata da Noah Green, un venticinquenne che secondo quanto riportato dai media avrebbe negli ultimi tempi sofferto di disturbi psichici, si è lanciata contro le barriere di protezione del palazzo del Congresso. Ha travolto due agenti, uccidendone uno.

L’ultimo messaggio prima di Capitol Hill

Un gesto che il giovane aggressore avrebbe implicitamente annunciato alla sorella Brendan, presso la quale viveva in un appartamento della Virginia. Un ultimo messaggio, nel quale non faceva esplicito riferimento a quanto stava per accadere ma al fatto che non avrebbe più vissuto sotto quel tetto. “Mi dispiace, me ne sto andando vivrò da senzatetto. Grazie per tutto quello che hai fatto. Io ti ammiravo quando ero bambino. Mi hai ispirato molto”. Pochissime frasi, non un preludio alla sua follia ma l’indicazione di un uomo apparentemente disperato. Secondo i media americani, nei suoi profili social sarebbero emersi diversi indicatori circa il suo stato mentale degli ultimi periodi. Green avrebbe affermato in diversi post di aver paura dell’Fbi e della Cia, oltre che di sentirsi in pericolo a causa di un governo che voleva controllarlo mentalmente.

La simpatia per la Nation of Islam

Ma non solo. Il giovane, laureato alla Cristopher Newport University della Virginia, si sarebbe più volte professato un ammiratore di Louis Farrakhan, il leader della Nation of Islam, colui che nel 1995 organizzò la Million Man March, alla quale parteciparono un milione di afroamericani. Green, in un suo post, aveva parlato del governo americano come del nemico “numero uno” della comunità afroamericana. Alla Nation of Islam, il giovane avrebbe persino donato più di mille dollari, parlando di Farrakhan come di un “ministro” che avrebbe salvato lui e l’umanità.

Damiano Mattana: