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La Camera approva la riforma del Csm

Nell'aula di Montecitorio i voti a favore sono 328, i contrari 41 e 25 gli astenuti, il testo passa ora al Senato

Via libera dell’aula della Camera dei deputati alla riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno della magistratura. Il testo, approvato a Montecitorio 328 con voti a favore, 41 contrari e 25 astenuti, passa al Senato. I deputati di Italia viva si sono astenuti, mentre si espressi contro Fratelli d’Italia e Alternativa c’è.

Cartabia: “Riforma migliore possibile”

Per il ministro della Giustizia Marta Cartabia il testo approvato è “la riforma migliore possibile, ben consapevoli che tutto è perfettibile”. “Un primo passo, un passo importante” per il vicepresidente del Csm David Ermini che parla di “una riforma sicuramente necessaria e urgente, non solo per segnare il cambio di passo rispetto al passato, ma soprattutto per dare compiutezza all’ampio percorso riformatore della giustizia avviato in questi anni”.

Cosa prevede

Il  testo prevede che il sistema elettorale del Csm sarà misto, binominale con quota proporzionale, basato su candidature individuali mentre non sono previste liste. In ogni collegio binominale dovranno esserci un minimo di sei candidati in ogni collegio, di cui almeno la metà del genere meno rappresentato, e se non arrivano candidature spontanee o non si garantisce la parità di genere, ci sarà un sorteggio per arrivare al minimo dei candidati previsti. Cambiano anche le regole per l’assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi, il Consiglio dovrà procedere alle nomine in base all’ordine cronologico delle scoperture e vengono introdotte norme di trasparenza: saranno pubblicati online gli atti e i curricula. Previsto inoltre l’obbligo di audizione obbligatoria di non meno di tre candidati per il posto da assegnare. C’è il divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi, sia per cariche elettive nazionali e locali, sia per gli incarichi di governo nazionali, regionali e locali. A fine mandato, i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale, gli ordinari vengono collocati fuori ruolo presso un ministero o presso Consiglio di Stato, Corte dei Conti e Massimario della Corte di cassazione, con funzioni non giurisdizionali. Il magistrato che si è candidato ma non è stato eletto per tre anni non potrà tornare a lavorare nella regione in cui ha corso per una carica elettiva. Il testo prevede inoltre un solo passaggio di funzione tra magistratura requirente e giudicante, nel penale, entro i 10 anni dall’assegnazione della prima sede. Cambia anche la valutazione di professionalità. Attualmente, ogni quattro anni, il magistrato deve inviare al Consiglio giudiziario e poi al Consiglio superiore della magistratura provvedimenti a campione sull’attività da lui svolta e statistiche relative alle attività proprie e comparate a quelle dell’ufficio di appartenenza. Con la riforma, si prevede l’implementazione annuale di questa misura. Il fascicolo contiene dati, non valutazioni di merito.

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