Le prenotazioni fissate fino a maggio da rinviare o cancellare, i richiami per almeno 2 milioni e 300mila italiani da gestire, le fasce d’età da rivedere. L’ennesimo colpo di scena sul vaccino di Astrazeneca, che sarà ora raccomandato per gli over 60 dopo esser stato consigliato per gli under 55 e poi esteso a tutte le classi di età, costringe il governo a rimettere mano al piano vaccinale, già cambiato tre volte dall’inizio della campagna a dicembre.
Così con le nuove disposizioni il siero dell’azienda anglo-svedese verrà ora somministrato ai 60-79enni. “A breve ci sarà una circolare con tutte le indicazioni, dobbiamo essere chiari e netti” afferma il ministro della Salute Roberto Speranza al termine di una giornata di riunioni con gli esperti. Speranza ribadisce però che le priorità dell’esecutivo non cambiano: vanno messi in sicurezza gli anziani e le persone fragili.
Il rischio rallentamenti nella campagna vaccinale
Al di là delle decisioni che verranno prese in queste ore, un dato è già chiaro ed evidente a tutti: la modifica in corsa e, soprattutto, i timori sempre più diffusi tra gli italiani, rischiano di provocare ulteriori rallentamenti alle vaccinazioni proprio nel momento in cui è fondamentale imprimere un’accelerazione. I numeri dicono che ad oggi ci sono 8 milioni di italiani che hanno ricevuto una prima dose di vaccino e a 2.294.203 di loro è stato somministrato il siero di Astrazeneca. Non tutti sono under 60, ma una buona parte sì. Dunque la prima decisione che il governo dovrà prendere sarà quella relativa ai richiami, che secondo le indicazioni dell’Aifa devono essere fatti a tre mesi dalla prima dose: verrà comunque somministrato il vaccino dell’azienda anglo-svedese a tutti? O solo agli over 60 e per i più giovani si procederà con un altro siero? Come si procederà con personale scolastico, forze armate e forze di polizia, le categorie prioritarie alle quali finora è stato riservato Astrazeneca?
“Al momento non ci sono elementi per scoraggiare l’utilizzo della seconda dose” spiega il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. E’ probabile dunque che chi ha già fatto la prima dose riceverà anche la seconda, indipendentemente dall’età. Ma è la stessa Ema a non escludere l’ipotesi del ‘mix’ tra vaccini diversi: “potrebbe essere efficace” dice la presidente del comitato di sicurezza Sabine Straus, aggiungendo però che al momento “non ci sono ancora dati disponibili”.
Il secondo problema, che rischia seriamente di compromettere la campagna di vaccinazione almeno nell’immediato, costringendo dunque il governo a rivedere anche i piani relativi alle riaperture, è legato invece alla paura che neanche troppo sottotraccia si sta diffondendo e che porta gli italiani a disertare i centri vaccinali. In Lombardia, spiega il membro del Cts lombardo Carlo Signorelli, un 15-16% di prenotati non si è presentato. E alla Asl Napoli 1, martedì, su 4mila prenotati 800 hanno disertato la vaccinazione. Segnali d’allarme che potrebbero aumentare nei prossimi giorni e contro i quali a poco servono, purtroppo, le rassicurazioni degli esperti. “Il vaccino è utilizzabile in tutte le fasce di popolazione” dice il direttore dell’Aifa Nicola Magrini mentre il virologo Andrea Crisanti ricorda che “prendere un aereo ha un rischio di trombosi 100 volte superiore a fare un vaccino”.
Lo hanno capito perfettamente gli stessi presidenti di regione che, insieme ad Anci e Upi, hanno incontrato i ministri degli Affari Regionali Mariastella Gelmini e della Salute Roberto Speranza e il commissario per l’Emergenza Francesco Figliuolo, proprio per capire come modificare il piano e non andare in ordine sparso. “Rischiamo di avere vaccini che non riusciamo a inoculare, perché la gente non li vuole”, dice il governatore del Friuli Massimiliano Fedriga esplicitando il timore di tutti. Nei frigoriferi delle Regioni ad oggi ci sono almeno 1,8 milioni di dosi di Astrazeneca. Per evitare che restino lì la soluzione individuata da Figliuolo è di somministrarlo fin dalle prossime ore alla categoria 60-79 anni. “Una platea – sottolinea il generale nell’incontro con i governatori – di circa 13 milioni di persone, due dei quali hanno già avuto la prima dose”. Ma bisognerà anche decidere come vaccinare tutti coloro che non potranno più avere Astrazeneca e, dunque, come rimodulare l’utilizzo degli altri due vaccini al momento disponibili, Pfizer e Moderna.
Secondo Luca Zaia il vero rischio è che nel prossimo mese “si andrà avanti solo con le seconde dosi”. “Navighiamo a vista” ammette il governatore del Veneto che chiede se ci saranno nuove forniture da parte delle altre case farmaceutiche.
I dubbi sulle prossime consegne
Ma sulle prossime consegne non c’è al momento alcuna certezza, nonostante nel secondo trimestre l’Italia dovrebbe ricevere oltre 52milioni di dosi. Astrazeneca, sempre lei, ha già fatto sapere che il 14 aprile consegnerà il 50% di quanto previsto, 175 mila dosi anziché 340 mila (che dovrebbe però reintegrare tra il 16 e il 23 aprile). Pfizer ha terminato la distribuzione di un altro milione e mezzo di dosi, che serve però solo a dare ossigeno ai territori, mentre Moderna dovrebbe consegnare non prima di fine settimana. E Johnson & Johnson ha già fatto sapere che il 16 non manderà più di 400mila dosi. Tutti elementi che allontanano sempre di più l’obiettivo delle 500mila vaccinazioni al giorno per la metà di aprile.