Offerte “civetta”, olio italiano tagliato con olio di cui non si conosce la provenienza e aumento dei prezzi. Sono queste alcune delle problematiche che si potrebbero verificare a causa del calo della produzione olearia. Fra pochi giorni inizierà la raccolta delle olive, ma le previsioni non sono rassicuranti. La Confcooperative stima che in tutta la regione Lazio è atteso un dimezzamento della produzione olearia che passerà da 26 mila tonnellate a circa 14 mila. Le prestazioni peggiori, spiega la cooperativa di agricoltori olivicoli, provengono dagli oliveti di Viterbo e Rieti (- 60%), mentre va un po’ meglio nel pontino e nel frusinate ( -20% ). Si stima che il crollo dell’offerta, unito all’impennata dei costi di packaging e carburanti, farà aumentare il prezzo a scaffale di almeno il 15% rispetto al 2022.
L’intervista
A cosa è dovuto il calo di produzione? Quali sono le principali problematiche a cui andranno incontro le cooperative? Tutto questo come impatterà sul bilancio familiare dei cittadini? Interris.it ne ha parlato con Salvatore Stingo, presidente di Confcooperative Fedagripesca Lazio.
Come mai si attende un dimezzamento della produzione olearia nel Lazio?
“Le compagne olearie degli ultimi anni hanno rappresentato un’autentica sfida per noi produttori olivicoli. Ogni territorio ha avuto le sue criticità ma tutte legate alla crisi climatica e ai suoi effetti collaterali: momenti di grande siccità a cui sono seguiti periodi di grande piovosità che hanno alimentato diverse problematiche a carico delle piante. Non possiamo parlare del Lazio in modo omogeneo, anche se si può registrare un calo di produzione generalizzato che varia tra il 30 e addirittura il 90% in alcune zone. Tra le motivazioni principali vi è stata l’eccessiva piovosità nel mese di maggio, periodo dell’allegagione dell’olivo, e purtroppo l’effetto lo si è potuto verificare nei mesi successivi”.
Il dimezzamento della produzione olearia comporterà un maggiore costo dell’olio che voi avete stimato in 15 euro al litro. Come influirà questo sul bilancio delle famiglie italiane?
“Il prezzo è sempre un argomento delicato quando si parla di olio EVO. Ovviamente il calo di produzione e l’aumento dei costi di produzione sta determinando un livello dei prezzi mai toccato. La domanda è quale debba essere un costo accettabile, che permetta alle persone di accedere ad un olio di qualità, che favorisca il benessere della persona e contenga un indice nutrizionale adeguato alle esigenze salutistiche. La risposta non può essere, purtroppo, quella di alcuni operatori che nella maggior parte dei casi offre prodotti a prezzi assai ridotti, dalle provenienze spesso sconosciute e dalle scarse qualità organolettiche. Credo che un processo educativo (anche di natura commerciale) che sostenga le persone nella scelta dei prodotti adeguati per prezzo e caratteristiche, sia oramai necessario”.
Esiste il rischio che i cittadini, per risparmiare, comprino olio “scadente”?
“Certamente sì, il pericolo che alcuni cittadini possano rivolgersi all’acquisto di prodotti anche sostitutivi dell’olio EVO è assai concreto. Pensare di consumare olio EVO di origine sconosciuta che non apporta elementi nutritivi di qualità è un problema serio di salute collettiva. Il risparmio è attitudine necessaria per far quadrare i bilanci familiari, ma purtroppo si rischia di apportare altre problematicità e di rinunciare alla qualità necessaria della dieta. La nostra preoccupazione è che le offerte ‘civetta’ saranno inevitabili e l’olio extravergine di oliva sarà tra i prodotti oggetto di queste politiche. Il prezzo da pagare è quello della scarsa qualità e di un carrello della spesa sempre meno centrato sull’equilibrio nutrizionale”.
Tutto ciò come si riflette sul bilancio delle cooperative?
“Noi del mondo della cooperazione e della produzione agricola sociale, biologica ed etica, abbiamo fatto del prezzo un patto fiduciario con le persone che, consapevolmente, sanno che da noi troveranno sempre il miglior rapporto prezzo-qualità. Siamo attenti al benessere della terra e della comunità, e chi acquista i nostri prodotti è conscio di contribuire ad una causa che contiene un valore più alto dell’oggetto acquistato. Gli aumenti generalizzati dei prezzi ovviamente colpiscono anche la nostra attività, tuttavia cerchiamo di assorbire il più possibile internamente i costi; ma sappiamo che non sarà facile a lungo termine, questa ricerca del costante equilibrio è una delle doti dell’agricoltura sociale: una filiera di relazione e di rispetto che ci vede tutti dalla stessa parte. Anche noi dobbiamo guardare a questa situazione adottando soluzioni di scala che ci consentano di mantenere e rafforzare questo patto di qualità e giusto prezzo dei prodotti”.
Avete segnalato la possibilità che certi marchi potrebbero importare dall’estero olio meno pregiato con il quale taglieranno quello di qualità: come il consumatore può accorgersi di questo meccanismo?
“Come già detto, il prezzo eccessivamente basso dell’olio EVO dovrebbe farci riflettere ed essere coscienti che in quella bottiglia non può esserci la giusta qualità e le necessarie componenti salutistico-nutrizionali di un olio EVO di qualità. Noi stiamo promuovendo l’avvio di un progetto culturale che potrà aiutare le persone a conoscere e riconoscere un olio EVO di qualità attraverso momenti di racconto e di degustazione, tesi a far capire alle persone come ‘sentire’ un olio EVO di qualità, quali caratteristiche cercare, quale il giusto prezzo e dove acquistare un prodotto frutto della generosità della terra e del prezioso lavoro umano. Il progetto si chiama ‘Agriacademy – la scuola del benessere e dei saperi della terra’ e prevede campagne comunicative e di degustazione diffuse nella comunità per raggiunger il maggior numero di persone. A guidarla sarà Maurizio Saggion, assaggiatore professionista e sommelier. Concludendo, posso dire che l’esperienza del gusto è quella che permette a chiunque di riconoscere il prodotto di qualità. Il nostro compito è di riuscire a far conoscere il vero sapore dell’Evo di qualità ad un numero sempre crescente di persone ad un prezzo che possa incoraggiare a guardare alle produzioni biologiche e solidali come pratica di acquisto e di condivisione, che poi è il modo sano di curare la terra, sostenere la produzione locale, mantenere sotto controllo i costi e gestire il proprio portafogli”.