Giornate complicate per il Regno Unito di Boris Johnson, alle prese con la progressione dei contagi da coronavirus (ieri 21 mila in un giorno) e con un’emergenza sanitaria che sta producendo provvedimenti sempre più intensi. Anche se, per il momento, i lockdown vengono applicati quasi tutti a livello territoriale, l’ultimo nell’aera di Greater Manchester, portata al terzo e massimo livello di allerta. Una fase in cui non ci sarebbe tempo né voglia di pensare all’uscita dall’Unione europea, ma la scadenza incombe e non ammette ulteriori ritardi. E accanto alle misure da adottare per contenere l’ondata di contagi, il governo Johnson dovrà far fronte anche al rush finale dei negoziati, dopo gli stop dei giorni scorsi su Brexit e in un momento storico in cui le relazioni con Bruxelles sfiorano i minimi storici.
Brexit, temi difficili
A ogni modo, stando a quanto filtrato da Downing Street, la fase delle trattative sarebbe pronta a ripartire. A farlo sapere è lo stesso premier. Il quale, dopo il gioco dei rimpalli sulle responsabilità dello stallo, ammette di aver riaperto le porte al dialogo con i negoziatori europei. “Chiaramente – ha precisato il premier – ci sono ancora delle differenze significative tra le nostre posizioni sui temi più difficili. Siamo però pronti a vedere se è ancora possibile riavvicinare le posizioni con l’Ue attraverso delle trattative intense”. Temi più difficili che sono ormai arcinoti: il nodo pesca, più simbolico che economicamente più rilevante, e quello sugli aiuti di Stato, più complesso ma meno pruriginoso della battaglia sul mare.
Campagne e negoziati
“Niente – spiega ancora Johnson – sarà concordato fino a quando tutto l’insieme sarà messo a punto”. Logico a questo punto, considerando che solo la convergenza di entrambi i fronti può risolvere lo stallo su due punti che rischiano di creare l’hard Brexit forse più della questione backstop. Il punto è che sul tema dello spazio di pesca, che qualche scaramuccia l’ha già prodotta e che riguarda soprattutto il braccio di mare conteso tra Francia e Regno Unito, Johnson ha imbastito una parte discreta della sua campagna elettorale. Quella che lo ha impiantato a Downing Street a furor di popolo e che, ora, esige le risposte che i cittadini si aspettano. O meglio, si sarebbero aspettati se non fosse venuta fuori l’emergenza sanitaria. Ora le priorità sono altre ma la Gran Bretagna del futuro va forgiata adesso. Fronteggiando l’emergenza e cercando di non vanificare mesi di negoziati. Uno sforzo non da poco.