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Barnier, positivo un membro dello staff di negoziatori. Brexit in pausa

Il capo negoziatore dell'Ue annuncia una breve sospensione. Ma le trattative per l'uscita del Regno Unito sono già al rush finale

Provvisorio stop nelle trattative per la Brexit. A darne comunicazione, in un tweet, è il capo negoziatore dell’Unione europea, Michel Barnier, il quale comunica che i tavoli dovranno essere sospesi giocoforza a causa della positività al Covid-19 di un componente del team di Bruxelles. “Uno dei negoziatori della mia squadra – scrive Barnier – è risultato positivo al Covid-19. Con David Frost abbiamo deciso di sospendere le trattative al nostro livello per un breve periodo. I team andranno avanti col lavoro nel pieno rispetto delle linee guida”. Uno stop imprevisto, in quella che è di fatto la volata finale delle trattative per l’uscita di Londra dall’Unione. Frenata che, a ogni modo, non dovrebbe cambiare poi molto, considerando che i nodi fra Regno Unito e Continente restano quelli di prima. Con l’auspicio che a stappare il gorgo possa contribuire l’elezione di Joe Biden alla Casa Bianca.

Brexit, i temi caldi

Boris Johnson, sostenitore di Trump ma fra i primi a congratularsi con Biden, a conteggio ancora in fase di conclusione, è entrato ormai nel rush finale. Lui, interessato forse più dell’Unione europea a definire quale sarà il futuro commerciale del proprio Paese con il range degli Stati membri. Di certo, finora, c’è solo che Londra sarà fuori dal consesso di Bruxelles il 31 dicembre. Per il resto, da definire c’è ancora parecchio: l’intricato nodo dei diritti di pesca, più simbolico che rilevante, ma un elemento sul quale Johnson non sembra intenzionato ad arretrare, considerando anche le promesse fatte in campagna elettorale. Il tema degli aiuti di Stato, spinoso e forse la questione più impellente da risolvere. Il tutto, corredato da una variabile che, per quanto affrontata in varie declinazione, ogni volta con un nome diverso, è la definizione dei rapporti commerciali. Il vero elemento di discussione, con la consapevolezza comune che una hard Brexit complicherebbe oltremodo non solo l’entrata e l’uscita di merci, ma anche di persone.

La questione Scozia

In una fase in cui entrambe le parti lanciano appelli affinché venga concretizzato l’impegno e, soprattutto, fatto qualche ulteriore passo, a pesare per Londra sono anche gli affari interni. Dopo il 31 dicembre, sia per la questione coronavirus che per avere la certezza ufficiale dell’uscita del Regno Unito dall’Ue, potrebbe iniziare a presentarsi il “problema” Scozia. Edimburgo, che ha imposto il lockdown ai propri cittadini, annunciandolo già prima della riunione del Comitato di sicurezza, non ha abbandonato la questione indipendentista. Un tema che la Brexit in sé ha già riportato all’attenzione, ma che potrebbe acutizzarsi ulteriormente in caso di un no deal. La Scozia, che nel 2014 scelse di restare ancora a Londra, potrebbe optare per una svolta europeista. E, a dar retta ai sondaggi, l’andazzo sembra orientato a una scelta diversa da quella di sei anni fa. Anche considerando che buona parte degli scozzesi non fu d’accordo con Brexit.

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