L’ex presidente del Brasile, Jair Bolsonaro è indagato dalla Corte Suprema del Paese carioca per il tentato colposo di stato avvenuto lo scorso 8 gennaio. La richiesta è stata avanzata dal procuratore generale del Brasile Augusto Aras.
Bolsonaro indagato dalla Corte Suprema
La Corte Suprema del Brasile ha deciso di includere l’ex presidente del Brasile Jair Bolsonaro tra gli indagati per l’assalto agli edifici istituzionali compiuto dai suoi sostenitori l’8 gennaio scorso. Una richiesta in questo senso era stata avanzata dal procuratore generale del Brasile, Augusto Aras che ipotizza i reati di “istigazione e paternità intellettuale” in merito all’assalto, in particolare per aver pubblicato un video “che mette in dubbio la regolarità delle elezioni presidenziali del 2022”. Quello di ieri non poteva essere un venerdì 13 più infausto per Jair Bolsonaro: dal suo ritiro vacanziero a Orlando (dove pure il clima è sembrato accanirsi, in una giornata contrassegnata dalle piogge) l’ex presidente brasiliano ha ricevuto la notizia del suo nome associato all’accusa di tentato colpo di Stato.
In una bozza di decreto trovata dalla polizia federale nella casa del suo ex ministro della Giustizia Anderson Torres, l’ex leader di destra avrebbe ipotizzato il ribaltamento del risultato delle elezioni di ottobre, vinte dal suo acerrimo nemico, Luiz Inacio Lula da Silva. E il procuratore generale del Brasile, Augusto Aras, ha chiesto alla Corte suprema federale (STF) di aprire un’inchiesta sull’ex presidente Jair Bolsonaro per l’assalto compiuto dai suoi sostenitori l’8 gennaio. Lo riferisce ‘GloboNews’.
Per mettere in pratica il presunto golpe, Bolsonaro si stava preparando a instaurare lo “stato di difesa” presso il Tribunale superiore elettorale (Tse) in quanto era ancora presidente della Repubblica, si intuisce dal documento trapelato ai media. Lo stato di difesa, previsto dall’articolo 136 della Costituzione, avrebbe consentito al presidente ancora in carica di intervenire, tra l’altro, per “ripristinare tempestivamente l’ordine pubblico o la quiete sociale minacciati da grave e imminente dissesto istituzionale”.
Non solo: il decreto prevedeva anche la formazione di una commissione composta dall’allora presidente Bolsonaro e da membri del ministero della Difesa per supervisionare il Tse, con l’obiettivo di produrre un rapporto che analizzasse l’equità delle elezioni del 2022. Per il neo ministro della Giustizia, Flavio Dino, la bozza di decreto trovata nella casa di Torres potrebbe essere “l’anello mancante” tra le proteste seguite al risultato delle elezioni presidenziali (contestato, senza prove, dai bolsonaristi) e l’assalto ai palazzi del potere commesso domenica scorsa a Brasilia dai sostenitori più radicali dell’ex capitano dell’esercito.
Non meno spinosa la situazione dello stesso Torres: nominato segretario alla Pubblica sicurezza di Brasilia a dicembre (e partito per ferie, anche a lui a Orlando, proprio alla vigilia della Capitol Hill verdeoro), l’ex ministro è accusato di comportamento omissivo. Il suo arresto è considerato “inevitabile” dal capogruppo della maggioranza al Senato Randolfe Rodrigues. Se non si presenterà spontaneamente alla polizia per costituirsi entro lunedì prossimo, Dino ne chiederà l’estradizione dagli Usa. Dove tra l’altro decine di deputati democratici, compresi alcuni della commissione esteri della Camera, hanno inviato una lettera al presidente Joe Biden chiedendo che sia cancellato il visto di Bolsonaro.
La procura generale brasiliana ha intanto deciso di inviare una missione ufficiale proprio a Washington per riunirsi con le autorità giudiziarie locali al fine di ottenere informazioni sull’assalto al Campidoglio avvenuto nel gennaio 2021. La somiglianza tra quei fatti e quelli brasiliani di pochi giorni fa ovviamente non è passata inosservata e l’aspettativa è che lo scambio di dati possa servire a tracciare la rotta anche degli inquirenti sudamericani.
La fase nerissima di Bolsonaro è proseguita con la divulgazione delle sue spese personali effettuate con la carta aziendale messa a disposizione della Presidenza durante i quattro anni di mandato. L’ex presidente aveva imposto la segretezza per 100 anni, ma Lula ha deciso di declassificare i dati rendendoli pubblici. Ne è emerso che, pur avendo speso meno di Lula e Dilma Rousseff nei loro rispettivi primi due mandati, Bolsonaro ha concentrato la maggioranza dei soldi a disposizione per vitto, alloggio e trasporti. Secondo Estadao, alcune di queste spese avrebbero coinciso con le cosiddette ‘motociatas’, i raduni in moto promossi da Bolsonaro insieme a migliaia di suoi simpatizzanti per le vie di varie città. Alla vigilia di uno di questi eventi svoltosi a Rio de Janeiro, nel maggio 2021, sono stati per esempio spesi 33.000 reais (circa seimila euro) in un unico panificio.
Fonte Ansa