Maxi-retata anti Isis in Bangladesh, stato asiatico al confine con l’India affacciato sul golfo del Bengala. La polizia bengalese ha arrestato “oltre 1.000 persone” nell’ambito di una campagna antiterrorismo annunciata dal governo e che durerà una settimana. Secondo fonti della polizia, fra le persone incarcerate vi sono almeno tre sospetti membri del gruppo islamico radicale Jama’atul Mujahideen Bangladesh (Jmb). Inoltre, vi sarebbero anche membri del movimento Jamaat-e-Islami e della sua componente studentesca Islami Chhatra Shibir, nonché molte persone che vivevano in clandestinità e che erano ricercate.
La decisione di sferrare un’offensiva antiterrorismo è stata presa giovedì scorso durante un vertice a Dacca presieduto dall’Ispettore generale della polizia, Akm Shahidul Hoque, in risposta all’uccisione – all’inizio della settimana scorsa – della moglie di un super-commissario di Chittagong. Negli ultimi mesi in Bangladesh si sono registrati numerosi omicidi all’arma bianca di blogger e scrittori, membri delle minoranze religiose, stranieri e anche esponenti della comunità gay. Molti di queste uccisioni erano state rivendicate dall’Isis e da Al Qaeda, anche se il governo bengalese ha sempre negato che le due organizzazioni fondamentaliste avessero una base nel Paese.
Proprio lo Stato islamico aveva rivendicato l’uccisione dell’italiano Cesare Tavella avvenuto nel Paese asiatico il 28 settembre 2015. Il cooperante 50enne era stato ucciso a colpi di arma da fuoco nel quartiere diplomatico della capitale, Dacca dall’Isis in quanto “occidentale”. Il califfato aveva diffuso la rivendicazione tramite social: “In un’operazione speciale dei soldati del Califfato in Bangladesh – si leggeva nel comunicato – una pattuglia ha preso di mira lo spregevole crociato Cesare Tavella dopo averlo seguito in una strada di Dacca, dove gli è stato sparato a morte con armi silenziate, sia lode a Dio. Ai membri della coalizione crociata diciamo: non sarete sicuri nelle terre dei musulmani. E’ solo la prima goccia di pioggia”.