Non saranno i giorni post-voto ma la situazione in Bielorussia continua a mantenersi sul filo della tensione. Il presidente Aleksandr Lukashenko ha più volte fatto sapere che l’atteso passo indietro non lo farà, se non a fronte di una controversa riforma costituzionale. Una presa di posizione che ha fatto sollevare la piazza e, soprattutto, le opposizioni guidate da Svetlana Tikhanovskaya, alle prese con una dura repressione che ha messo nel mirino soprattutto i leader popolari. Ora però, probabilmente anche alla luce delle ultime novità arrivate sulla sorte di Maria Kolesnikova, fedelissima di Tikhanovskaya che rischia 5 anni di detenzione, un passo decisivo lo compie l’Ue. Il Parlamento europeo, infatti, ha avanzato la richiesta di sanzioni contro Minsk e, soprattutto, di nuove e controllate elezioni.
Bielorussia, il post-voto
L’Europa ha fatto esplicito riferimento alle repressioni messe in atto dal governo contro i manifestanti, scesi in piazza in tutto il Paese per protestare contro l’ennesima riconferma di Lukashenko. Già all’indomani del voto, l’Ue aveva accolto con perplessità la vittoria a mani basse del leader di Belaja Rus’, esprimendo i primi dubbi circa la regolarità dello scrutinio. Le stesse che, in modo più esplicito, aveva presentato Tikhanovskaya, colei che fra i candidati dell’opposizione aveva ottenuto il maggior successo (nemmeno l’11%).
E che, subito dopo, si era rifugiata in Lituania per timore di ritorsioni, guidando a distanza la protesta delle piazze. L’Unione europea, dopo alcune richieste di chiarimento, aveva in seguito deciso di non riconoscere il voto. E, ora, con una votazione quasi plebiscitaria (escludendo gli astenuti) da 574 sì, ha mosso il passo ufficiale. Si parla apertamente di elezioni svolte “in flagrante violazione di tutti gli standard riconosciuti a livello internazionale”.
La mossa europea
Ma non solo. Il Parlamento europeo ha anche stabilito che, a partire dal 5 novembre, smetterà di riconoscere Aleksandr Lukashenko come presidente della Bielorussia. Una mossa che, di fatto, è uno scacco matto: il leader di Minsk ha sempre contato sull’appoggio di Vladimir Putin e della Russia (a cui il Paese è legato dall’Unione Statale del 1996) ma il passo ufficiale dell’Ue rischia di mettere in bilico anche questa certezza. Il tutto che si concretizza a poco più di 24 ore dal discorso sullo Stato dell’Unione da parte di Ursula von der Leyen, la quale ha ricordato che “l’Unione Europea sta con il popolo della Bielorussia”. Di fatto l’anticamera della decisione ufficiale di chiudere i ponti. Non con Minsk ma con Lukashenko.