Battisti e lo sciopero della fame, il fratello della vittima: “Mossa per impietosire”

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“Una scelta dolorosa ma inevitabile”. La definisce così, l’avvocato Davide Steccanella, la decisione di Cesare Battisti di procedere a uno sciopero della fame nel carcere di Oristano, dove è detenuto. L’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo, condannato all’ergastolo dopo l’estradizione in Italia dal Brasile, che nei mesi scorsi aveva chiesto una scarcerazione per motivi di salute. E che, in seguito, aveva fatto richiesta di una revisione dello stato di detenzione che, al momento, prevede l’isolamento diurno. “Avendo esaurito ogni altro mezzo per far valere i miei diritti – ha scritto Battisti -, mi trovo costretto a ricorrere allo sciopero della fame totale e al rifiuto della terapia”.

Le istanze del legale

Sulla questione è intervenuto il magistrato di Sorveglianza di Cagliari, Maria Cristina Lampis, il quale ha spiegato che finora “nel corso della carcerazione subita ha dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione, facendo, inoltre, registrare una condotta regolare”. Per tali motivi, ha concesso a Battisti “i 45 giorni di riduzione di pena”, previsti in caso di buona condotta applicata nel semestre di detenzione. Tale variabile è stata applicata nei semestri (due) intercorsi fra gennaio 2019 e gennaio 2020. Al momento, secondo l’avvocato, “sconcerta l’assenza assoluta di risposte all’istanza presentata dalla difesa a tutti gli organi competenti ancora il 18 maggio, in cui si denunciava la situazione di illegittimo isolamento, e vanamente reiterata il 12 giugno. Assenza di risposte che impedisce anche il minimale diritto di impugnare qualsivoglia provvedimento amministrativo”. Ragioni che avrebbero rappresentato gli elementi decisivi per la decisione maturata dall’ex Pac.

Latitanza e arresto

Cesare Battisti, ex terrorista dei Pac e condannato all’ergastolo per 4 omicidi, è detenuto da circa un anno e mezzo nel carcere di Oristano. Qui, Battisti era stato trasferito dopo l’arresto avvenuto nel gennaio 2019 al confine tra Brasile e Bolivia. L’ex Pac, latitante da 37 anni al momento dell’arresto, aveva ricevuto il diritto d’asilo e il visto permanente nel 2007, dall’allora presidente brasiliano Inacio Lula. Uno status revocato in seguito (dicembre 2018) dal secondo successore di Lula, Michel Temer, che aveva autorizzato anche l’estradizione in Italia. Battisti, che aveva tentato di oltrepassare il confine, viene arrestato nell’ambito di un’operazione congiunta tra Polizia italiana, Criminalpol e Antiterrorismo a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia. Due mesi dopo, nel corso dell’interrogatorio, ha riconosciuto i crimini commessi. Nel maggio scorso, l’ex terrorista aveva fatto richiesta della misura degli arresti domiciliari per motivi di salute, ottenendo un rifiuto.

Il fratello della vittima

A intervenire sulla richiesta di Battisti è Maurizio Campagna, fratello di Andrea, agente della Digos ucciso dai Pac nel ’79. “Non voglio credere – ha spiegato all’AdnKronos – che ci sia qualche giudice o direttore di carcere che si diverta a tenerlo in isolamento, se prosegue per lui l’isolamento qualche motivo ci sarà. Ho il massimo rispetto per i giudici e per le guardie carcerarie”. Battisti “è scappato dal carcere in passato, ha preso per i fondelli la giustizia italiana, il presidente brasiliano Lula, fare lo sciopero della fame ora è un suo diritto, lo faccia pure, probabilmente avrà bisogno di perdere qualche chilo”. Secondo campagna “è impossibile credere ancora a questo personaggio”.

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